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24 aprile 2025

Protezione Internazionale, la rassegna di giurisprudenza della Corte di Cassazione


Pubblicata la raccolta delle pronunce relative ai mesi di gennaio-febbraio 2025

La Corte di Cassazione in collaborazione con l'Agenzia dell’Unione Europea per l’asilo (EUAA), pubblica, con cadenza bimestrale e annuale, una rassegna. tematica della giurisprudenza della Corte concernente i profili processuali e sostanziali della protezione internazionale, della protezione complementare e della materia inerente al regolamento Dublino. Tra le decisioni contenute nella nuova rassegna, relativa ai mesi di gennaio e febbraio 2025, si segnalano, in particolare:

L’ordinanza n. 5091/2025, con cui la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di una donna nigeriana vittima di tratta per sfruttamento sessuale, ribadendo che le vittime di tratta rientrano in un "particolare gruppo sociale" e possono ottenere lo status di rifugiato. In particolare, la Corte, ha richiamato l’applicazione delle direttive 2004/83/CE (c.d. 1° Direttiva «Qualifiche») e 2011/95/UE (c.d. 2° Direttiva «Qualifiche»), della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa dell’11 maggio 2011, nonché la rilevante recente giurisprudenza della Cassazione in tema di tratta e riconoscimento dello status di rifugiato, affermando che la sottoposizione a tratta ai fini di sfruttamento sessuale integra i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto la tratta di essere umani - così come definita dall'art. 3 del Protocollo addizionale del 15 novembre 2000 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale - costituisce trattamento persecutorio di genere, le cui vittime possono rientrare entro il particolare gruppo sociale di cui alla lettera d) dell'art. 8 del d.lgs. n. 251 del 2007 (cfr Cass. n. 17448 del 19/06/2023)
La Corte ha anche sottolineato il dovere del giudice di indagare a fondo, anche con strumenti specifici come l’audizione, gli indicatori di tratta e il meccanismo nazionale di referral, per far emergere situazioni di tratta anche laddove il racconto è lacunoso.

- L’ordinanza n. 5084/2025, con cui la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un cittadino gambiano al quale era stata negata la protezione speciale, nonostante avesse dimostrato un chiaro percorso di integrazione in Italia. La Suprema Corte ha censurato la decisione del Tribunale che, pur riconoscendo l’esistenza di rapporti di lavoro, la permanenza prolungata sul territorio e la conoscenza dell’italiano, aveva ritenuto tali elementi non sufficienti a provare un effettivo radicamento. La Cassazione ha ribadito che l’integrazione sociale e lavorativa può essere dimostrata anche tramite contratti di lavoro, corsi di lingua, tirocini o attività di volontariato, senza necessità di certificazioni formali o di una padronanza linguistica "ufficiale". È stato inoltre chiarito che l’uso dell’interprete in udienza non esclude la conoscenza della lingua, servendo solo a garantire il diritto di difesa. Per la Corte, ogni "apprezzabile sforzo" di inserimento nella realtà locale deve essere considerato, anche se non accompagnato da documentazione completa.
La decisione ribadisce l’importanza di una valutazione concreta e progressiva dell’integrazione ai fini della concessione della protezione speciale.

L’ordinanza n. 5586/2025, con cui  la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un cittadino del Bangladesh che aveva chiesto la protezione internazionale, denunciando una situazione di grave povertà nel proprio Paese d'origine e il vincolo debitorio contratto per poter espatriare, con il rischio concreto di subire minacce e sfruttamento al rientro.
La Corte ha censurato la sentenza di merito, per non aver i giudici svolto le necessarie indagini sul fenomeno dell’usura in Bangladesh e sulla riduzione in servitù per debiti, nonostante avesse ritenuto credibile il racconto del richiedente. Secondo la Cassazione, in casi del genere il giudice ha l’obbligo di valutare in modo approfondito se il migrante possa essere considerato vittima di tratta, sfruttamento lavorativo o trattamenti degradanti, anche sulla base delle Linee Guida UNHCR.
In particolare la Cassazione ha ribadito che la migrazione forzata per sfuggire a una condizione di asservimento, soprattutto se legata a debiti usurai, non può essere equiparata a una semplice migrazione economica, ma va considerata come una possibile causa di persecuzione o grave danno, giustificando la concessione della protezione internazionale o, in alternativa, della protezione speciale.

La rassegna completa può esse scaricata al seguente link