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Referendum sulla cittadinanza: per la Consulta è omogeneo, chiaro e univoco
10 febbraio 2025
Referendum sulla cittadinanza: per la Consulta è omogeneo, chiaro e univoco
La sentenza della Corte Costituzionale sul quesito referendario. 5 anni di residenza per diventare italiani
La
richiesta referendaria in materia di cittadinanza
è diretta ad abrogare, congiuntamente, l’intero articolo 9, comma 1, lettera f), della legge numero 91 del 1992 e, limitatamente ad alcune parole, l’articolo 9, comma 1, lettera b). La combinazione delle due diverse abrogazioni avrebbe quale esito che tutti gli stranieri maggiorenni con cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea potrebbero presentare richiesta di concessione della cittadinanza italiana dopo
cinque anni di residenza legale
in Italia.
La
Corte Costituzionale
ha affermato,
con la sentenza numero 11 depositata il 7 febbraio
, che il
quesito è omogeneo, chiaro e univoco
.
All’elettore, infatti, è proposta una
scelta facilmente intellegibile
in ordine agli anni di residenza nel territorio della Repubblica necessari, per il maggiorenne cittadino di uno Stato non appartenente all’UE, per poter presentare domanda di concessione della cittadinanza italiana: dieci, come attualmente previsto, o cinque, come eventualmente disporrebbe la legge in caso di approvazione del referendum abrogativo.
La richiesta referendaria non contraddice neppure la
natura abrogativa
del referendum, che la Corte ha costantemente ritenuto non può essere utilizzato per costruire, attraverso il quesito, nuove norme non ricavabili dall’ordinamento.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la
nuova regola non sarebbe del tutto estranea
al contesto normativo di riferimento. In caso di approvazione del referendum abrogativo, infatti, verrebbe a essere modificato esclusivamente il tempo di residenza legale necessario per poter presentare la domanda di cittadinanza – pari a cinque anni – restando invece fermi i soggetti che potranno fare la richiesta, i restanti requisiti per presentarla (la residenza nel territorio della Repubblica e l’adeguata conoscenza della lingua italiana), nonché la natura di atto discrezionale di “alta amministrazione” del provvedimento di concessione della cittadinanza.
La Corte ha rilevato che, del resto, il
quinquennio di residenza legal
e sul territorio nazionale, che prima della legge numero 91 del 1992 era il requisito temporale richiesto allo straniero per poter ottenere la cittadinanza italiana, è già oggi previsto dalla legge quale presupposto perché possano conseguire la cittadinanza italiana gli stranieri maggiorenni adottati da cittadino italiano, gli apolidi e i rifugiati.
La normativa di risulta, pertanto, sarebbe pienamente
in linea con un criterio già utilizzato
dal legislatore.
Fonte: Corte Costituzionale
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