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Reddito di cittadinanza solo ai lungosoggiornanti, ok dalla Consulta
26 gennaio 2022
Reddito di cittadinanza solo ai lungosoggiornanti, ok dalla Consulta
Per la Corte Costituzionale il requisito non è irragionevole. Infondate o inammissibili le questioni sollevate dal tribunale di Bergamo
Il
reddito di cittadinanza
non è una semplice misura di contrasto alla povertà ma persegue diversi e più articolati obiettivi di
politica attiva del lavoro
e di
integrazione
sociale. Poiché il suo orizzonte temporale non è di breve periodo, la titolarità del
diritto di soggiornare stabilmente in Italia
non è un requisito privo di collegamento con la ragion d’essere del beneficio previsto.
È, questo, un passaggio della
sentenza n. 19
depositata ieri (redattrice Daria de Pretis), con cui la
Corte costituzionale
ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate le
questioni sollevate da Tribunale di Bergamo
, sezione lavoro, sulla disciplina del reddito di cittadinanza, che, fra i diversi requisiti necessari per ottenere questa provvidenza, richiede agli stranieri il «possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo» (articolo 2, primo comma, lettera a, n. 1 del decretolegge 4/2019).
Il giudice di Bergamo, spiega la Consulta in un comunicato stampa, contestava la norma in quanto esclude dal reddito di cittadinanza i
titolari di permesso unico di lavoro
previsto dall’articolo 5, comma 8.1, del Dlgs 286/1998, o di permesso di soggiorno di almeno un anno previsto dall’articolo 41 del Dlgs 286/1998, per violazione degli articoli 2, 3, 31, 38 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’articolo 14 CEDU e agli artt. 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Secondo il Tribunale, infatti, l’asserita natura di prestazione essenziale del reddito di cittadinanza – diretto a soddisfare
bisogni primari
della persona umana – comporterebbe l’incostituzionalità di qualsiasi
discriminazione
tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti. Il Tribunale lamentava inoltre l’
assenza di una ragionevole
correlazione tra il requisito del permesso di lungo periodo e le situazioni di bisogno per le quali la prestazione è prevista.
La Corte ha dichiarato
infondate
entrambe le censure.
Il reddito di cittadinanza
non si risolve in una mera provvidenza assistenziale
diretta a soddisfare un bisogno primario dell’individuo, ma presenta un contenuto più complesso di misura di
politica attiva del lavoro
, che comprende un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale. A questa sua prevalente connotazione si collegano la temporaneità della prestazione e il suo carattere condizionale, cioè la necessità che si accompagni a precisi impegni dei destinatari.
In questo contesto la Corte ha ricordato che resta compito della Repubblica, in attuazione dei principi costituzionali stabiliti negli articoli 2, 3 e 38, primo comma, della Costituzione, garantire, apprestando le necessarie misure, il diritto di ogni individuo alla sopravvivenza dignitosa e al minimo vitale, ma che tuttavia nemmeno il rilievo costituzionale di tale compito legittima la Corte stessa a “convertire” verso questo obiettivo una misura cui il legislatore assegna
finalità diverse
. La Corte ha pertanto ritenuto che, considerati la durata del beneficio (18 mesi, con possibilità di rinnovo) e il risultato perseguito (l’inclusione sociale e lavorativa), non irragionevolmente il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, abbia destinato la misura agli stranieri soggiornanti in Italia a tempo indeterminato.
Fonte: Corte Costituzionale
Discriminazione
Prestazioni sociali
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