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15 marzo 2021

Lavoro domestico, retribuzioni allineate tra italiani e stranieri


Per colf, badanti e babysitter non c’è il gap di altri settori. Assindatcolf-Idos: "Appiattimento verso il basso"

Retribuzioni basse, ma senza distinzioni: il lavoro domestico è uno dei pochi settori nei quali migranti e italiani guadagnano allo stesso modo. Anzi, se si considerano colf, badanti e babysitter regolarmente assunte, gli stranieri hanno una retribuzione media annua, 8.374,63 euro, leggermente più alta rispetto a quella registrata tra gli italiani, 7.364,61. Un’eccezione rispetto al panorama generale, che vede la retribuzione media mensile degli occupati stranieri (1.077 euro nel 2019) di ben il 23,5% inferiore a quella degli italiani (1.408 euro)

Sono queste alcune delle elaborazioni presentate oggi da Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, e dal Centro Studi e Ricerche IDOS, curatore dell’annuale Dossier Statistico Immigrazione, nel corso dell’evento “Lavoro domestico dignitoso e salario minimo: a che punto siamo in Italia ed in Europa?”.

L’allineamento delle retribuzioni tra italiani e stranieri è confermato anche se si guarda solo all’occupazione femminile, l’88,7% del totale nel settore domestico, dove tra l’altro sono occupate 2 straniere su 5. Se si considerano, invece, tutti i settori, le lavoratrici straniere non solo guadagnano il 17,0% in meno (894 euro) rispetto alla media generale degli stranieri, ma anche il 28,2% in meno rispetto alle italiane (1.245 euro), già destinatarie di un salario medio più basso rispetto ai connazionali.

Per Assindatcolf e Idos, il dato è positivo, ma deve essere letto anche in relazione al numero di ore regolari lavorate in un anno, che per gli stranieri non comunitari tende a essere superiore rispetto a quello degli italiani perché per loro il lavoro in chiaro è indispensabile per mantenere anche la regolarità del soggiorno in Italia. In generale, poi, il gap retributivo tra italiani e stranieri tende ad assottigliarsi, con un appiattimento verso il basso nei settori a basse retribuzioni.

“In Italia – dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf – a differenza di altri Paesi esiste un contratto collettivo nazionale. A nostro avviso, l’unico salario minimo possibile è quello contrattato tra le parti sociali nel Ccnl e che, purtroppo, anche a causa di costi troppo elevati già non viene accettato in 6 rapporti di lavoro su 10. Se prima non si modifica l’attuale sistema fiscale a carico delle famiglie datrici è impensabile immaginare di applicare un valore diverso e maggiore rispetto agli attuali minimi retributivi. Al contrario si determinerebbero costi davvero insostenibili a carico delle famiglie che non farebbero che aumentare il lavoro irregolare ed accrescere le ingiustizie sociali”.

“La parità di trattamento, tanto tra uomini e donne quanto tra italiani e stranieri, richiede sempre di essere realizzata in una cornice di giustizia sociale, anche per quel che riguarda i salari – afferma Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS –. Soprattutto nel comparto del lavoro domestico, sarebbe auspicabile superare la fittizia contrapposizione di interessi tra lavoratrici straniere e italiane, rappresentate spesso in competizione, e promuovere invece un asse solidale che, in collaborazione con le famiglie datrici di lavoro, prema sul governo per la messa in atto di condizioni che permettano un trattamento effettivamente equo per tutti i lavoratori del comparto”.

(15 marzo 2021)