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01 aprile 2019

EPSCO: politiche attive del lavoro, competenze, integrazione


La relazione comune sull’occupazione 2019

Il Consiglio EPSCO (Occupazione, politica sociale, salute e consumatori), nella sessione del 15 marzo 2019, ha adottato la Relazione comune sull'occupazione 2019. Il documento approfondisce le sfide della società e del mercato del lavoro nell'UE (tra cui la povertà, l'esclusione sociale, le competenze) e le dimensioni misurabili del Pilastro europeo dei diritti sociali (che definisce una serie di principi e di diritti fondamentali per sostenere l'equità e il buon funzionamento dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale), quali ad esempio  la percentuale di abbandoni nell'ambito dell'istruzione e la percentuale di popolazione dotata di competenze digitali.

Tra le risposte strategiche discusse vi sono: la promozione dell'imprenditorialità e delle start up; l'offerta di opportunità che consentano l'accesso al contesto lavorativo reale (es. apprendimento on the job); le misure di formazione (es. programmi di sviluppo delle competenze) come strumento di promozione della partecipazione delle persone svantaggiate; il sostegno allo sviluppo professionale continuo degli insegnanti; le misure volte a promuovere lo sviluppo delle competenze digitali; il sostegno ai giovani nella transizione dall'istruzione al mercato del lavoro; le politiche attive del lavoro come strumento di miglioramento delle competenze e di riqualificazione, e come strumento che garantisce transizioni efficaci nei mercati del lavoro; le misure specifiche per l'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale e dei cittadini con background migratorio nel mercato del lavoro; la partecipazione delle parti sociali all'elaborazione e attuazione delle riforme sociali e del lavoro.

Leggi la Relazione comune sull'occupazione 2019

 

Cittadini di Paesi terzi e occupazione

Nel 2017 la crescita dell'occupazione è stata essenzialmente determinata da donne, lavoratori anziani e persone con un alto livello di competenze. Il tasso di occupazione dei lavoratori con un basso livello di competenze è ancora inferiore ai livelli precedenti la crisi e si mantiene inferiore di quasi 30 punti percentuali a quello dei lavoratori con un alto livello di competenze.

Le persone provenienti da un contesto migratorio devono affrontare problemi di occupabilità: nel 2017 il divario tra il tasso di occupazione delle persone nate al di fuori dell'UE e di quelle che vivono nel paese dell'UE in cui sono nate era di 10 punti percentuali (in aumento rispetto ai 4,5 punti percentuali del 2008). Il divario è particolarmente pronunciato tra le donne migranti.

 

Leggi il Rapporto 2018 "Gli stranieri nel mercato del lavoro in Italia"

Leggi i Rapporti 2018 "Le comunità migranti in Italia"

Secondo quanto riportato nella Relazione, le persone provenienti da un contesto migratorio beneficiano soltanto in parte del miglioramento generale delle condizioni del mercato del lavoro. Anche se rappresentano una percentuale crescente della popolazione dell'UE (il 7,2 % nel 2017, dal 6,6 % nel 2014), le persone nate al di fuori dell'UE hanno meno probabilità di essere occupate rispetto agli autoctoni. Nel 2017 il 63 % delle persone in età lavorativa (fascia di età 20-64 anni) nate al di fuori dell'UE aveva un'occupazione, un livello inferiore rispetto a quello precedente la crisi (66,2 % nel 2008). Il divario occupazionale tra i due gruppi era di 10 punti percentuali nel 2017, in leggero miglioramento rispetto al 2016 (10,5 punti percentuali), ma di gran lunga peggiore rispetto al 2008 (4,5 punti percentuali). In alcuni Stati membri (Finlandia, Svezia, Paesi Bassi e Belgio) tale divario nel 2017 era di circa 20 punti percentuali o prossimo a tale valore. La situazione è ancora più difficile per le donne nate al di fuori dell'UE, il cui tasso di occupazione era pari al 54,1 % nel 2017, con un divario del 13,6 % rispetto alle donne nate nell'UE. Inoltre, se occupate, le persone nate al di fuori dell'UE hanno maggiori probabilità di incorrere nel rischio di povertà lavorativa rispetto agli autoctoni.

Le persone provenienti da un contesto migratorio, inoltre, presentano un rischio di povertà o di esclusione sociale notevolmente più elevato. Nel 2017 il tasso AROPE (tasso di rischio di povertà o esclusione sociale) tra le persone nate al di fuori dell'UE era quasi il doppio di quello delle persone nate nell'UE (il 38,3 % rispetto al 20,7 %).

Le difficoltà delle persone provenienti da un contesto migratorio tendono a ripercuotersi sulle generazioni successive. La percentuale di persone provenienti da un contesto migratorio è in aumento, soprattutto tra i giovani, e vi sono riscontri oggettivi del fatto che le persone nate nell'UE da genitori stranieri presentano tassi di occupazione più bassi rispetto ai figli di genitori nati nell'UE. Ciò contribuisce a sua volta ad aumentare i tassi di disoccupazione tra alcuni gruppi di giovani svantaggiati. I risultati del mercato del lavoro differiscono notevolmente anche in funzione del motivo della migrazione. Tuttavia, mentre i tassi di occupazione più modesti dei migranti sono in parte riconducibili alla presenza di una percentuale più significativa di persone con un basso livello di istruzione, l'aumento del livello di istruzione non determina risultati occupazionali migliori e si osserva un forte sottoutilizzo delle competenze e delle qualifiche dei migranti. Sono dunque necessarie strategie globali che si concentrino sulle cause profonde dell'abbandono scolastico per ridurne i tassi, prevenire l'esclusione sociale e favorire la transizione dei giovani al mercato del lavoro.

 

Leggi il focus "Better skills, better jobs, better lives"

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Cittadini di Paesi terzi, istruzione e competenze

L'Europa sta compiendo progressi verso l'obiettivo principale fissato dalla strategia Europa 2020 in materia di abbandono scolastico, vale a dire raggiungere un tasso del 10%. Permangono tuttavia ampie differenze tra gli Stati membri e tra i gruppi di popolazione (ad esempio, tra donne e uomini e tra le persone nate nell'UE e quelle nate al di fuori dell'UE).

Destano preoccupazione i tassi elevati di persone con competenze di base insufficienti, oltre alla forte correlazione tra risultati scolastici, status socioeconomico e risultati del mercato del lavoro. I risultati scolastici sono profondamente influenzati dallo status socioeconomico e dal contesto migratorio degli studenti. Gli studenti con uno status socioeconomico più modesto o provenienti da un contesto migratorio sono sovrarappresentati nel gruppo che consegue risultati insufficienti e faticano a raggiungere il livello di competenze di riferimento in tutti e tre i domini. Un esame più attento degli studenti che, pur in circostanze sfavorevoli, hanno raggiunto il livello di competenze di riferimento in tutti e tre i domini dimostra che nell'UE il divario tra i risultati degli studenti nati all'estero e di quelli autoctoni è in media di 23 punti percentuali: gli studenti autoctoni hanno un rendimento migliore in tutti gli Stati Membri, ad eccezione di Malta. Sono state osservate differenze notevoli in Finlandia, Svezia, Austria, Germania e Francia (tra 35 e 40 punti percentuali), mentre tale divario è inferiore ai 15 punti percentuali a Cipro, nel Regno Unito e in Portogallo. Gli scarsi risultati scolastici e le disuguaglianze legate al contesto socioeconomico rappresentano gravi ostacoli al miglioramento del capitale umano, con potenziali ripercussioni sui livelli di competenze (dati OCSE, indagine PISA 2015).

I cambiamenti tecnologici e le conseguenti trasformazioni dei mercati del lavoro richiedono il miglioramento delle competenze e la riconversione professionale della popolazione in età lavorativa. Nell'UE il rapporto tra adulti con un basso livello di qualifiche e il numero di posti di lavoro che richiedono qualifiche di basso livello è in media di tre a uno. Le persone con un basso livello di qualifiche e gli anziani sono però molto meno propensi della media a partecipare a programmi di istruzione degli adulti. Permangono notevoli lacune in termini di competenze digitali: più del 40 % degli adulti nell'UE non possiede competenze digitali di base, con picchi del 70 % in alcuni Stati membri. Ciò comporta che una parte significativa della popolazione non può accedere ad un'ampia gamma di servizi, con risvolti negativi sull'inclusione e sulla produttività.

Politiche attive del lavoro

Politiche attive del mercato del lavoro e servizi pubblici per l'impiego efficaci sono fondamentali per garantire mercati del lavoro ben funzionanti e inclusivi.

Gli Stati membri stanno continuando a riformare i loro servizi pubblici per l'impiego, che cooperano nel quadro della rete europea dei servizi pubblici per l'impiego. Sebbene alcuni Stati membri abbiano adottato ulteriori misure per promuovere l'integrazione dei migranti nel mercato del lavoro (concentrandosi in particolare sui rifugiati), mancano approcci sistematici ed è necessario investire di più nel miglioramento del livello delle competenze e nel riconoscimento delle competenze e delle qualifiche, in politiche del mercato del lavoro efficienti e nel sostegno da parte dei servizi pubblici per l'impiego.

Fonte: EPSCO

 

 

 

         



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