HomeRicerca NewsLe norme sulla protezione umanitaria introdotte dal decreto sicurezza non sono retroattive



22 febbraio 2019

Le norme sulla protezione umanitaria introdotte dal decreto sicurezza non sono retroattive


Corte Cassazione - Sentenza n. 4890 del 19 febbraio 2019

La sentenza

 

"La normativa introdotta con il decreto legge n. 113 del 2018, convertito nella legge  n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari dettata dall'art. 5, c.6, del d.lgs. n. 286 del 1998 e dalle altre disposizioni consequenziali, sostituendo/a con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione alle domande di riconoscimento di un permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell'entrata in vigore (5/10/2018) della nuova legge, le quali saranno pertanto scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione".

È questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione – prima sezione civile – con la sentenza depositata il 19 febbraio scorso.

La Corte di Cassazione ha quindi riconosciuto che l'abrogazione del permesso per motivi umanitari disposta dalla nuova normativa riguarda solamente coloro che hanno fatto domanda di asilo dopo il 5 ottobre 2018, data di entrata in vigore del decreto sicurezza.

In particolare, la questione che era stata sottoposta alla Corte di Cassazione era quella del carattere "intertemporale" della norma che ha abrogato il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il quesito sollevato dinanzi alla Corte riguardava se gli effetti di tale abrogazione fossero immediati con l'entrata in vigore del decreto anche per le procedure pendenti oppure se toccassero solo le domande di protezione internazionale proposte dopo l'entrata in vigore del decreto, ovvero dopo il 5 ottobre 2018. La risposta data dalla Cassazione - conforme all'orientamento della la giurisprudenza di merito- è stata la seconda, ovvero che l'abrogazione del permesso per motivi umanitari rileva solamente nei confronti di coloro che hanno fatto domanda dopo il 5 ottobre scorso.

La Corte riconosce che il principio della irretroattività contenuto nell'articolo 11 delle preleggi, nel diritto civile -contrariamente a quello penale- non è inderogabile, ovvero la legge può, a certe condizioni, intervenire sul passato, ma tale deroga deve essere espressa e rispettare alcuni principi. Nel decreto sicurezza, afferma la Corte, non c'è invece nessuna norma da cui possa desumersi il principio dell'applicabilità immediata alle procedure in itinere della nuova disciplina legislativa.

L'art. l, comma 9, del decreto contiene, tuttavia, osserva la Corte, una rilevante indicazione in relazione al provvedimento che deve essere emesso concretamente dal questore, il quale in caso di positivo accertamento delle condizioni di legge, sarà conformato al paradigma contenuto nel comma 9, dell'art. l, del d.l. n. 113 del 2018. Tale disposizione regola le modalità esecutive del diritto (ove) positivamente accertato dalle commissioni territoriali o in sede giudiziale e, conseguentemente, entro questi limiti trova immediata applicazione.

Deve infatti tenersi conto che, necessitando il rilascio del permesso di soggiorno di una conseguente e necessaria fase attuativa successiva al provvedimento della commissione territoriale o a quello emesso in sede giudiziale, la stessa non può che esplicarsi sulla base della nuova normativa vigente, che non riconosce più per il futuro, dalla data di entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018, il rilascio di un permesso umanitario disciplinato, quanto a contenuto e

durata, dall'art. 5 c. 6 del d.lgs. n. 286 del 1998 e dal relativo regolamento di attuazione [art. 28, c.2, lettera d), d.p.r. n. 394 del 1999].

E' lo stesso legislatore che, nel prevedere la disciplina dell'art.1 c. 9 del d.l. n. 113 del 2018, limitatamente alla conformazione del provvedimento del questore, ha indicato in questo caso un principio di diritto intertemporale che, indipendentemente dalla portata letterale della disposizione, non può non essere applicato a tutte le situazioni soggettive omogenee, secondo una interpretazione sistematica che ne assicuri la tutela in termini di sostanziale parità.

In conclusione, afferma la Corte, all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base dei presupposti esistenti prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 113 del 2018,  farà seguito il rilascio da parte del Questore di un permesso di soggiorno contrassegnato dalla dicitura "casi speciali" della durata di due anni, convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato.

 

 

Fonte: Corte di Cassazione