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25 maggio 2021

In Ue lavoratori migranti più penalizzati dagli effetti della pandemia


Eurostat: nel 2020 i loro tassi di occupazione sono calati più che tra i nativi

Nel 2020 i lavoratori migranti nell’Ue sono stati colpiti più pesantemente dei loro colleghi dalle conseguenze della pandemia.

Lo evidenzia Eurostat in nota che mette a confronto i tassi di occupazione registrati dal 2010 al 2020. Nel corso del decennio, tra le persone di 20-64 anni, quelle nate fuori dall’Ue hanno fatto registrare sistematicamente tassi inferiori di quelle nate in un altro Stato Ue o nate nello stato Ue di residenza. Il divario è aumentato fino 2017, quando ha iniziato a restringersi, ma nel 2020 si è nuovamente allargato, con una differenza di 11,6 punti percentuali.



Lo scorso anno nell’Ue il tasso di occupazione in questa fascia di età era del 61,9% per le persone nate al di fuori dell'UE, e del 73,5% per le persone nate in un altro Stato membro dell'UE, nonché per la popolazione nativa. Per i nati fuori dall’Ue era calato del 2,5% rispetto al 2019, per le persone nate in un altro stato Ue dell’1,8%, per quelle native dello 0,4%. “Questa flessione – scrive Eurostat - riflette l'impatto sui mercati del lavoro della pandemia COVID-19".

Come si può vedere nella figura seguente, l’Italia il Paese Ue dove la differenza tra i tassi di occupazione di migranti e nativi nel 2020 è meno marcata. Va, però, considerato, che negli anni precedenti i tassi di occupazione dei migranti erano superiori a quelli dei nativi e l’anno scorso c’è stata un’inversione.