L'apolidia costituisce una violazione dei diritti umani che interessa milioni di persone in tutto il mondo. Tale condizione ostacola l'accesso a diritti fondamentali dati solitamente per scontati, contribuendo così a rendere invisibili individui e intere comunità e a emarginarli dal resto della società.
Vi sono almeno 3,9 milioni di apolidi noti nel mondo, ma si stima che il numero reale sia significativamente più elevato, anche perché le statistiche sull'apolidia sono disponibili solo per un terzo degli Stati a livello globale.
Le persone apolidi sono presenti anche all'interno dell'Unione Europea, dove la privazione di una nazionalità può costituire una barriera insormontabile all'accesso a diritti fondamentali, quali l'istruzione, il lavoro, la possibilità di formare una famiglia.
Queste difficoltà emergono con chiarezza nel report L'impatto dell'apolidia sull'accesso ai diritti umani in Italia, Portogallo e Spagna, realizzato dall'Ufficio Regionale dell'UNHCR per il Sud Europa.
Basandosi su testimonianze di apolidi, persone a rischio di apolidia, ex apolidi, società civile in Italia, Portogallo e Spagna, il report descrive l'impatto concreto prodotto dall'apolidia sulla vita quotidiana delle persone interessate, rivelando come questa possa generare problematiche che impediscono loro di realizzare pienamente il proprio potenziale e di svolgere un ruolo attivo nella società.
Si tratta di tre Paesi all'avanguardia negli sforzi intrapresi per porre fine all'apolidia. Tutti e tre hanno aderito alle due Convenzioni sull'apolidia, hanno predisposto delle salvaguardie contro l'apolidia all'interno delle proprie leggi sulla cittadinanza e, nei casi di Spagna e Italia, sono fra i pochi Paesi ad aver istituito una procedura di determinazione dell'apolidia.
Ciononostante – si legge nelle conclusioni del Rapporto - le varie testimonianze raccolte confermano come l'apolidia continui a produrre effetti estremamente negativi sulle persone in termini di accesso ai diritti fondamentali. Gli apolidi privi di documenti rischiano di non ricevere la protezione cui hanno diritto, cosa che ne aggrava la vulnerabilità e ne limita l'accesso a una serie di diritti umani, condizionando quasi ogni aspetto delle loro vite. Gli ostacoli che impediscono alle persone apolidi di conseguire livelli elevati di istruzione compromettono inevitabilmente le prospettive occupazionali future e, perfino quando sono qualificati, gli apolidi privi di documenti o irregolari faticano a trovare un lavoro all'altezza delle loro competenze, essendo spesso confinati al mercato del lavoro informale.
Non avere un reddito adeguato, non poter accedere al mercato immobiliare, temere costantemente di effettuare spostamenti e sapere che anche i propri figli rischiano di essere condannati a restare apolidi, rappresentano tutti forti deterrenti al desiderio di formare una famiglia. Quando si deve convivere con questa condizione, dare un contributo positivo alla società e realizzare pienamente il proprio potenziale può divenire un'impresa epica.
Tragicamente, quando le salvaguardie contro l'apolidia alla nascita non acquisiscono efficacia nella pratica, l'apolidia si trasmette alle nuove generazioni, alimentando una spirale di invisibilità, povertà ed emarginazione. Gli apolidi spesso rappresentano gli "effetti collaterali" di guerre, rivoluzioni o dissoluzioni degli Stati. Molti apolidi sono persone originarie dell'ex Jugoslavia, oppure delle ex repubbliche sovietiche. Altri sono originari della Palestina e molti sono rom.
Per porre fine all'apolidia entro il 2024, L'UNHCR ha lanciato la campagna #IBelong.
Per approfondire: https://www.unhcr.it/chi-aiutiamo/apolidi
Fonte: UNHCR