Lo sfruttamento lavorativo, si caratterizza per patologiche manifestazioni delle relazioni di lavoro (violazione di disposizioni in materia di orario di lavoro, salari, contributi previdenziali, diritti alle ferie, salute e sicurezza sul luogo di lavoro e trattamento dignitoso), approfittando delle condizioni di disagio e vulnerabilità del lavoratore. Nel caso sussista anche coercizione (violenza, minacce, sequestro dei documenti, restrizione della libertà personale), lo sfruttamento lavorativo assume la forma estrema di lavoro forzato.
Ai sensi dall’art. 603-bis c.p., così come riformulato dalla L. n. 199/2016, è vittima di sfruttamento lavorativo la persona il cui stato di vulnerabilità è tale da comprometterne fortemente la libertà di scelta, inducendola ad accettare condizioni lavorative inique a seguito di approfittamento del proprio stato di bisogno da parte degli intermediari e degli utilizzatori.
Il termine “caporalato” fa riferimento al sistema illecito d’intermediazione e sfruttamento del lavoro da parte di intermediari illegali (caporali) che arruolano la manodopera. Tratto cruciale del caporalato è il monopolio del sistema di trasporto, che costringe i lavoratori e le lavoratrici a dover pagare una somma di denaro per il loro spostamento da e verso i luoghi di lavoro. Tale sistema di intermediazione risulta più diffuso quanto è maggiore la distanza tra le aziende e le persone in cerca di lavoro e quando l’organizzazione del lavoro in squadre risulta particolarmente complicata.
Evoluzione e quadro normativo nazionale
Il divieto di svolgere attività destinate al collocamento dei lavoratori nel mondo del lavoro trova le proprie origini nell'art. 27, legge n. 264/1949 (Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati), che puniva le violazioni con un'ammenda e con il sequestro del mezzo di trasporto utilizzato al fine dell'attività illecita, divieto poi ribadito dagli artt. 1 e 2, legge n. 1369/1960 (Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi).
Tale divieto venne formalmente abolito a seguito del D.lgs. n. 276/2003 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla l. 14 febbraio 2003, n. 30) che riformulava gli strumenti lavoristici di contrasto al fenomeno. Sarà poi il D.l. n. 138/2011, convertito in Legge n. 148/2011, a seguito della pressione delle forze sindacali, che introdurrà nel nostro ordinamento il reato di "Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro" (art. 603 bis c.p.).
Il D. lgs. n. 109 del 16 luglio 2012, con cui è stata recepita la Direttiva Comunitaria 2009/52/CE (c.d. Direttiva sanzioni), ha modificato l'articolo 22 del D.lgs. n. 286/98 (Testo Unico Immigrazione - TUI), inasprendo le sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che assumono lavoratori in posizione irregolare e prevedendo delle ipotesi aggravanti (con pene aumentate da un terzo alla metà) nei casi in cui il divieto di impiego di cittadini stranieri il cui soggiorno è irregolare, sia caratterizzato da "particolare sfruttamento". La definizione di “particolare sfruttamento lavorativo” si ritrova nel comma 12 bis dell’articolo 22 del TUI, il quale prevedendo delle circostanze aggravanti al reato di impiego di manodopera irregolare di cui all'art. 22 co. 12 Testo Unico dispone che la pena venga elevata nelle ipotesi in cui
a) i lavoratori impiegati in condizioni di sfruttamento siano più di tre;
b) vengano scoperti lavoratori occupati che sono in realtà minori in età non lavorativa;
c) i lavoratori occupati sono stati esposti alle situazioni di sfruttamento di cui all’art. 603 bis comma 3: (i) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; (ii) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; (iii) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; (iv) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
In favore dei lavoratori vittime di situazioni di “particolare sfruttamento” di cui all'art. 22 co. 12bis, l'art. 22 co. 12 quater prevede il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno denominato “casi speciali” delladurata di sei mesi rinnovabile per un anno o per ilmaggior periodo occorrente alla definizione del procedimento penale. Per saperne di più sulle condizioni per il rilascio di tale permesso vai alle faq dedicate
Nel 2014 (con l'art. 6, D.l. n. 91/2014, convertito con modificazioni dalla Legge n. 116/2014), invece, l'intervento del legislatore si è concretizzato nel tentativo di responsabilizzare le aziende agricole alla creazione di una filiera produttiva eticamente orientata, attraverso la creazione di una Rete del lavoro agricolo di qualità a cui possono iscriversi le imprese agricole che non abbiano riportato condanne penali e non abbiano procedimenti penali in corso per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, e che non siano destinatarie di sanzioni amministrative definitive e in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi. L'istituzione della Rete del lavoro agricolo di qualità si propone di improntare la domanda di prodotti agricoli all'eticità dei metodi produttivi attraverso la pubblicazione, a cura dell'Inps, di un elenco delle imprese agricole che aderiscono alla Rete, così da incentivare i datori di lavoro a comportamenti virtuosi e rispondere, al contempo, alle critiche sullo scarso rispetto dei diritti umani degli operai agricoli che lavorano in Italia, provenienti anche da altri Paesi europei.
Con l'entrata in vigore del Jobs Act, il D.Lgs n. 149/15 introduce l'Ispettorato Nazionale del Lavoro quale Agenzia unica di diritto pubblico che integra i servizi ispettivi del Ministero del Lavoro, dell'INPS e dell'INAIL. Esso, tra l'altro, svolge le attività di prevenzione e promozione della legalità presso Enti, datori di lavoro e associazioni finalizzate al contrasto del lavoro sommerso e irregolare. Inoltre esercita e coordina su tutto il territorio nazionale la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria, nonché legislazione sociale, nei limiti delle competenze già attribuite al personale ispettivo del Ministero del Lavoro.
Successivamente, la legge n. 199/2016, recante "Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo", ha previsto specifiche misure per i lavoratori stagionali in agricoltura ed esteso responsabilità e sanzioni per i caporali e gli imprenditori che fanno ricorso alla loro intermediazione. I principali internventi della della legge hanno riguardato:
- la riscrittura del reato di caporalato (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), con l'introduzione della sanzionabilità anche del datore di lavoro;
- l'applicazione di un'attenuante in caso di collaborazione con le autorità;
- l'arresto obbligatorio in flagranza di reato;
- il rafforzamento dell'istituto della confisca;
- l'adozione di misure cautelari relative all'azienda agricola in cui è commesso il reato;
- l'estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato;
- l'estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo anti tratta;
- il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura;
- il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.
Dal punto di visata penale, tale legge ha riformulato, aggiornato e inasprito il dettato dell'art. 603-bis del Codice Penale, prevedendo due distinte figure di reato: (i) l’intermediazione illecita, che persegue chiunque recluti manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizione di sfruttamento; e (ii) lo sfruttamento lavorativo, che punisce chiunque utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante attività di intermediazione illecita, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento. L’approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore è elemento costitutivo di entrambe le fattispecie di reato. Gli indici di sfruttamento lavorativo previsti dall’articolo 603 bis riguardano: (i) la reiterata violazione delle disposizioni sull’orario di lavoro ed il mancato rispetto dei periodi di riposo; (ii) il reiterato pagamento di retribuzioni inferiori ai livelli minimi stabiliti dai contratti collettivi o non proporzionati alla prestazione di lavoro; (iii) violazioni delle norme su salute e sicurezza sul lavoro; e (iv) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Il legislatore quindi, non ha definito in modo diretto il concetto di sfruttamento, ma lo ha“indicizzato, individuando alcuni elementi di contesto da cui è possibile desumere la prova dello sfruttamento.
La riduzione o mantenimento in schiavitù e la tratta di esseri umani per sfruttamento (lavorativo, sessuale, accattonaggio e prelievo di organi) sono oggetto, rispettivamente, degli articoli 600 e 601 del codice penale, che puniscono questi reati con la detenzione da otto a venti anni di reclusione.
Per un quadro sulla normativa internazionale in materia di sfruttamento lavorativo clicca qui.
Strategia Nazionale per il contrasto al fenomeno del grave sfruttamento lavorativo
Gli elementi della politica di prevenzione e contrasto allo sfruttamento lavorativo sono articolati nella legge n. 199 del 2016 che prevede la promozione di modalità sperimentali di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro nel settore agricolo, la realizzazione di forme efficienti di trasporto dei lavoratori, il monitoraggio dell’andamento del mercato del lavoro agricolo, la promozione di politiche attive del lavoro e di contrasto al lavoro sommerso, l’organizzazione e gestione dei flussi di manodopera stagionale e l’assistenza dei lavoratori stranieri. Le politiche di prevenzione e contrasto dello sfruttamento lavorativo s’inseriscono nell’ampia cornice della promozione del lavoro dignitoso e negli obblighi internazionali dell’Italia derivanti dall’adesione all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e dalla realizzazione dei relativi Obiettivi, in particolare l’Obiettivo 8 sulla crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, l’occupazione piena e il lavoro dignitoso per tutti.
Il D.L. n. 119/2018, converito con la legge n. 136/2018. ha istituito presso il Ministero del Lavoro il Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura con lo scopo di promuovere la programmazione di una proficua strategia per il contrasto al fenomeno. Il Tavolo, inizialmente previsto per un triennio sino al mese di settembre 2022, è stato prorogato sino al 3 settembre 2025 (Decreto Interministeriale del 17 giugno 2022 ); la sua organizzazione e il funzionamento sono disciplinati dal Decreto Interministeriale del 4 luglio 2019.
La strategia nazionale per il contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato in agricoluta è contenuta in un apposito documento programmatico, approvato dal Tavolo il 20 febbraio 2020: il Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022). Il Piano prevede una serie di interventi di natura emergenziale nelle aree più critiche e di azioni di sistema negli ambiti della prevenzione e della vigilanza e contrasto del fenomeno, della protezione e assistenza delle vittime e della loro reintegrazione socio lavorativa. Nell’ottobre 2021, la Conferenza Unificata ha sancito l’accordo per l’adozione delle Linee-Guida nazionali in materia di identificazione, protezione, assistenza delle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura, mentre nel mese di marzo 2024 sono state adottate le “Linee-guida per l’operatività su tutto il territorio nazionale degli standard abitativi minimi previsti dalla normativa”.
Da ultimo, l’articolo 7 del Decreto-Legge 19/2024 “Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”, ha previsto la nomina di un Commissario straordinario per superare gli insediamenti abusivi dove vivono migliaia di lavoratori agricoli, per lo più stranieri e spesso sfruttati. Il Commisasarieo, nominato su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, opererà presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e, resterà in carica fino alla fine del 2026. Secondo il Rapporto su “Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare” pubblicato nel 2022 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, almeno 10 mila lavoratori agricoli migranti vivono in insediamenti informali in Italia. I Comuni hanno segnalato 150 insediamenti informali o spontanei non autorizzati, con sistemazioni varie (casolari e palazzi occupati, baracche, tende, roulotte...) e presenze che vanno dalle poche unità registrate nei micro insediamenti alle migliaia di persone nei “ghetti” più noti alle cronache.
Per saperne di più vai al focus dedicato