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09 ottobre 2020

Fratelli tutti, “le migrazioni costituiranno un elemento fondamentale del futuro del mondo”


I principali passaggi dedicati all'immigrazione nella nuova "enciclica sociale" del Papa

"Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c'è; i sogni si costruiscono insieme. Sogniamo come un'unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!"

Così Papa Francesco, scrive nell'introduzione della sua terza enciclica "Fratelli Tutti", presentata lo scorso 4 ottobre e dedicata alla fratellanza universale. Un "Enciclica sociale", la definisce il Papa, che vuole essere "un umile apporto alla riflessione affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole". Una riflessione che, pur scritta a partire da convinzioni cristiane, si apre "al dialogo con tutte le persone di buona volontà".

Aperta da una breve introduzione e articolata in otto capitoli, l'Enciclica raccoglie molte delle riflessioni fatte in questi anni da Papa sul tema delle migrazioni, cui è dedicato in parte il primo e il secondo capitolo, nonché l'intero quarto capitolo dal titolo "Un cuore aperto al mondo intero".

"Le migrazioni – si legge nell'Enciclica - costituiranno un elemento fondante del futuro del mondo, ma oggi esse risentono di una perdita di quel senso della responsabilità fraterna, su cui si basa ogni società civile». L'Europa, ad esempio, rischia seriamente di andare per questa strada. Tuttavia, «aiutata dal suo grande patrimonio culturale e religioso, [ha] gli strumenti per difendere la centralità della persona umana e per trovare il giusto equilibrio fra il duplice dovere morale di tutelare i diritti dei propri cittadini e quello di garantire l'assistenza e l'accoglienza dei migranti».

Nessuno dovrebbe rimanere escluso, sottolinea il Papa "a prescindere da dove sia nato, e tanto meno a causa dei privilegi che altri possiedono per esser nati in luoghi con maggiori opportunità. I confini e le frontiere degli Stati non possono impedire che questo si realizzi. Così come è inaccettabile che una persona abbia meno diritti per il fatto di essere donna, è altrettanto inaccettabile che il luogo di nascita o di residenza già di per sé determini minori opportunità di vita degna e di sviluppo. Uno sviluppo – ricorda il Pontefice che "non dev'essere orientato all'accumulazione crescente di pochi, bensì deve assicurare i diritti umani, personali e sociali, economici e politici, inclusi i diritti delle Nazioni e dei popoli. Il diritto di alcuni alla libertà di impresa o di mercato non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri; e neppure al di sopra del rispetto dell'ambiente, poiché chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti».

Il Papa riafferma il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra e a "tale scopo la strada è creare nei Paesi di origine la possibilità concreta di vivere e di crescere con dignità, così che si possano trovare lì le condizioni per il proprio sviluppo integrale. Ma, finché non ci sono seri progressi in questa direzione, è nostro dovere rispettare il diritto di ogni essere umano di trovare un luogo dove poter non solo soddisfare i suoi bisogni primari e quelli della sua famiglia, ma anche realizzarsi pienamente come persona. I nostri sforzi nei confronti delle persone migranti che arrivano si possono riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Infatti, non si tratta di calare dall'alto programmi assistenziali, ma di fare insieme un cammino attraverso queste quattro azioni, per costruire città e Paesi che, pur conservando le rispettive identità culturali e religiose, siano aperti alle differenze e sappiano valorizzarle nel segno della fratellanza umana».

"Ciò implica alcune risposte indispensabili, soprattutto nei confronti di coloro che fuggono da gravi crisi umanitarie. Per esempio: incrementare e semplificare la concessione di visti; adottare programmi di patrocinio privato e comunitario; aprire corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili; offrire un alloggio adeguato e decoroso; garantire la sicurezza personale e l'accesso ai servizi essenziali; assicurare un'adeguata assistenza consolare, il diritto ad avere sempre con sé i documenti personali di identità, un accesso imparziale alla giustizia, la possibilità di aprire conti bancari e la garanzia del necessario per la sussistenza vitale; dare loro libertà di movimento e possibilità di lavorare; proteggere i minorenni e assicurare ad essi l'accesso regolare all'educazione; prevedere programmi di custodia temporanea o di accoglienza; garantire la libertà religiosa; promuovere il loro inserimento sociale; favorire il ricongiungimento familiare e preparare le comunità locali ai processi di integrazione".

Ma, al di là delle diverse azioni indispensabili, continua il Papa, gli "Stati non possono sviluppare per conto proprio soluzioni adeguate poiché le conseguenze delle scelte di ciascuno ricadono inevitabilmente sull'intera Comunità internazionale. Pertanto «le risposte potranno essere frutto solo di un lavoro comune», dando vita ad una legislazione (governance) globale per le migrazioni. In ogni modo occorre stabilire progetti a medio e lungo termine che vadano oltre la risposta di emergenza. Essi dovrebbero da un lato aiutare effettivamente l'integrazione dei migranti nei Paesi di accoglienza e, nel contempo, favorire lo sviluppo dei Paesi di provenienza con politiche solidali, che però non sottomettano gli aiuti a strategie e pratiche ideologicamente estranee o contrarie alle culture dei popoli cui sono indirizzate»

Attenzione, da parte del Papa, anche al tema della cittadinanza:

 "Per quanti sono arrivati già da tempo e sono inseriti nel tessuto sociale -si legge nell'Enciclica - è importante applicare il concetto di "cittadinanza", che si basa sull'eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all'uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell'inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli».

"Comprendo che di fronte alle persone migranti alcuni nutrano dubbi o provino timori. Lo capisco come un aspetto dell'istinto naturale di autodifesa. Ma è anche vero che una persona e un popolo sono fecondi solo se sanno integrare creativamente dentro di sé l'apertura agli altri. Invito ad andare oltre queste reazioni primarie, perché il problema è quando [esse] condizionano il nostro modo di pensare e di agire al punto da renderci intolleranti, chiusi, forse anche – senza accorgercene – razzisti. E così la paura ci priva del desiderio e della capacità di incontrare l'altro».

Nel pensiero del Papa, rifugiati e migranti non sono però soltanto i beneficiari di azioni di accoglienza, ma l'arrivo di persone diverse si trasforma in un dono, perché «quelle dei migranti sono anche storie di incontro tra persone e tra culture: per le comunità e le società in cui arrivano sono una opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale di tutti».

"Abbiamo bisogno – scrive il Papa - di comunicare, di scoprire le ricchezze di ognuno, di valorizzare ciò che ci unisce e di guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti. La soluzione non è un'apertura che rinuncia al proprio tesoro. "Come non c'è dialogo con l'altro senza identità personale, così non c'è apertura tra popoli se non a partire dall'amore alla terra, al popolo, ai propri tratti culturali. Non mi incontro con l'altro se non possiedo un substrato nel quale sto saldo e radicato, perché su quella base posso accogliere il dono dell'altro e offrirgli qualcosa di autentico."

"Riscontriamo che una persona, quanto minore ampiezza ha nella mente e nel cuore, tanto meno potrà interpretare la realtà vicina in cui è immersa. Senza il rapporto e il confronto con chi è diverso, è difficile avere una conoscenza chiara e completa di sé stessi e della propria terra, poiché le altre culture non sono nemici da cui bisogna difendersi, ma sono riflessi differenti della ricchezza inesauribile della vita umana.

"Questo approccio, in definitiva, richiede di accettare con gioia che nessun popolo, nessuna cultura o persona può ottenere tutto da sé. Gli altri sono costitutivamente necessari per la costruzione di una vita piena. La consapevolezza del limite o della parzialità, lungi dall'essere una minaccia, diventa la chiave secondo la quale sognare ed elaborare un progetto comune".

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