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Stati Generali dell’Immigrazione 2025: l'Italia che cresce dalle differenze
01 dicembre 2025
Stati Generali dell’Immigrazione 2025: l'Italia che cresce dalle differenze
A Perugia due giorni di confronto tra istituzioni, accademia, politica e giovani con background migratorio per ripensare diritti, politiche e narrazioni dell'Italia plurale
Si sono aperti all’Università per Stranieri di Perugia gli
Stati Generali dell’Immigrazione 2025
, un grande spazio pubblico di confronto promosso da CoNNGI, IDEM Network, Associazione Nuovi Profili e OIM, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e con il patrocinio della Commissione Europea CS Stati Generali Immigrazione. L’obiettivo dell’iniziativa è
individuare priorità comuni e formulare proposte operative per una governance dell’immigrazione più giusta, efficace e inclusiva.
Ad aprire la giornata il saluto del
professor Paolo Morozzo della Rocca
, che ha sottolineato lo spirito di accoglienza dell’Ateneo verso chi supera i confini e vuole diventare parte della nostra comunità. Nel suo intervento ha ricordato il valore collettivo di una visione condivisa:
“Abbiamo tutti sognato di volare, poi abbiamo smesso perché il sogno era inadeguato alla vita che cresceva. Ecco, questo convegno ci fa sognare di nuovo per costruire tutti insieme un’Italia che ci piace, a partire da chi è minacciato di esclusione”. La
Sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi
, ha richiamato le parole del Presidente Mattarella: “A Perugia nessuno è straniero”, ponendo una domanda che ha attraversato l’intero convegno: quale Italia e quale mondo vogliamo costruire in un tempo segnato da nuovi nazionalismi? La sua risposta è un invito alla relazione: “Dobbiamo incontrarci per costruire un nuovo sguardo, perché il pluralismo è l’anima delle nostre democrazie”. L’Università – ha osservato – è un luogo che “produce futuro”, una palestra in cui allenare lo sguardo all’incontro e alla complessità. Richiamando Aldo Capitini, ha ricordato che “se vuoi la pace prepara la pace”, sottolineando il ruolo delle giovani generazioni con background migratorio come costruttori di pace. Ha poi ribadito la necessità di investire in cooperazione internazionale e cultura, perché “la violenza nasce sempre dalle disuguaglianze” e una società più giusta è una società che previene il conflitto. L’appello finale è rivolto ai più giovani: “siate audaci perché aspettiamo il vostro pensiero”. Il
direttore OIM, Salvatore Sortino
, ha rimarcato l’importanza di creare canali di accesso al lavoro coerenti con il contributo economico dei migranti all’Italia e ha ricordato come “identità non è qualcosa di fisso, è qualcosa che si evolve nel tempo e che trova forza nella sua stessa evoluzione”. La
presidente del CoNNGI, Noura Ghazoui
, ha definito l’evento “un forte gesto politico”, un invito a non guardare il Paese “con gli occhi della paura ma con quelli della responsabilità e della possibilità”. Ha descritto il valore del lavoro collettivo del Coordinamento: “Il CoNNGI è un dono reciproco. Le comunità non crescono quando qualcuno investe, ma quando in tanti donano qualcosa di sé, il proprio tempo, la propria visione...”
SiMohamed Kaabour (IDEM Network)
ha ricordato la centralità delle relazioni: “la differenza la fanno sempre le persone. Spero si torni da questo incontro con uno sguardo attento verso il prossimo”.
A seguire si è aperta la tavola unitaria con studiosi, giuristi e rappresentanti istituzionali. Il
sociologo Stefano Allievi
ha introdotto quattro dimensioni spesso confuse nel dibattito pubblico: immigrazione, emigrazione, migrazioni interne e migrazioni verticali. Ha ricordato che “l’immigrazione è un fatto, not un problema. Bisogna governarlo. I fatti marciscono se non ce ne occupiamo”. E ha aggiunto una provocazione che sintetizza il costo sociale della mancata integrazione: “Se pensi che l’integrazione sia un costo, prova la disintegrazione”. La
professoressa Marcella Ferri
ha offerto una lettura approfondita degli aspetti giuridici della protezione complementare, mentre l’
avvocata Giulia Perin
ha analizzato le criticità della riforma sulla cittadinanza (DL 36/2025), denunciando un peggioramento del quadro normativo. Tra i punti più problematici, l’obbligo di due anni di residenza dopo l’acquisizione della cittadinanza per trasmetterla ai figli e l’assenza del co-acquisto contestuale ai genitori: scelte che, ha spiegato, rischiano di far passare il messaggio che “il naturalizzato è meno italiano dell’italiano per nascita”. Il
deputato Paolo Ciani
ha lamentato l’uso strumentale dell’immigrazione come terreno di propaganda politica e denunciato la pericolosa “disumanizzazione” che colpisce anche i migranti, ridotti a numeri o a presunti invasori. La sua esortazione è chiara: “Non voltarsi dall’altra parte è il compito che dovrebbe avere ogni politico, per una politica più umana; lungimirante, adulta.” Infine,
Othmane Yassine
di IDEM Network ha riflettuto sul rapporto tra Stato, legalità e appartenenza: quando lo Stato viola le sue stesse regole, viene meno lo Stato sociale. Ha ricordato che “si può essere italiani in maniera plurale, ed è un bene per l’Italia”, e che la disintegrazione sociale rischia di “bruciare generazioni e creare conflitto”. Da qui la necessità di una “contronarrazione dell’immigrazione” e di un’educazione civica che prepari all’esercizio della cittadinanza, spesso negata fino al momento formale del riconoscimento.
Nel pomeriggio hanno preso avvio le
tre sessioni parallele dedicate a immigrazione legale, cittadinanza e welfare
, come da programma ufficiale Stati Generali dell’Immigrazione. Nel panel dedicato allo stato dell’immigrazione legale, i relatori hanno evidenziato la carenza di multidisciplinarità nell’approccio pratico alle politiche migratorie: non basta la competenza tecnica, serve un dialogo costante fra attori diversi – amministrazioni, mondo del lavoro, consolati, realtà territoriali – che oggi faticano a parlarsi. È emersa anche l’assenza di strumenti di pre-controllo efficienti, che porta a un paradosso: “la legge non è sbagliata, ma si innesta su un mercato che la strumentalizza”, trasformando i canali legali in potenziali meccanismi di irregolarità. La chiave, secondo i relatori, è una compartecipazione reale tra tutti i soggetti coinvolti, proprio per evitare che strumenti nati per favorire la regolarità producano invece vulnerabilità. Il secondo panel si è concentrato sull’impatto del nuovo decreto legge in materia di cittadinanza, che incide in modo significativo sulla trasmissione ai figli minori. Diversi relatori hanno sottolineato la necessità che la cittadinanza non diventi “ostaggio del bipolarismo politico”, ma trovi un sostegno trasversale, capace di garantire continuità e visione. È emersa una forte esigenza di informazione e formazione, affinché chi acquisisce la cittadinanza conosca pienamente i propri diritti: troppo spesso, l’“ignoranza amministrativa” influisce sulle scelte e crea insicurezza. Nel dibattito si è ricordato che, come afferma Paolo Morozzo della Rocca, “essere italiani è soprattutto una pratica sociale”: un’appartenenza che si costruisce nel quotidiano, fatta di partecipazione e responsabilità. In questo quadro i giovani con background migratorio si sono detti pronti a dare il loro contributo, ma hanno richiamato le condizioni di ricattabilità e vulnerabilità che colpiscono chi non ha ancora pieno accesso alla cittadinanza. La cittadinanza, è stato ribadito, deve rimanere un diritto, non trasformarsi in una prestazione condizionata, perché questa logica alimenta ansia sociale e nuove forme di esclusione. La terza sessione ha proposto un cambio di prospettiva: non soltanto chiedersi quale impatto abbiano i migranti sul sistema italiano, ma quale impatto abbia il sistema italiano sulle persone migranti. Il lavoro resta il nodo centrale, ma accanto ad esso sono stati richiamati i ricongiungimenti familiari, l’efficienza del welfare state, la capacità dei servizi sociali e sanitari di accompagnare situazioni complesse. Centrale anche la scuola, definita un pilastro dell’inclusione, che tuttavia spesso mantiene metodi “troppo italocentrici” non sempre adeguati a classi plurali. È stato ricordato infine il contributo economico dei cittadini stranieri: oggi i lavoratori migranti pagano circa 600.000 pensioni in Italia, un dato che testimonia l’importanza strutturale del loro ruolo.
La mattina del 29 novembre si è aperta con la plenaria dedicata alla restituzione dei lavori delle sessioni tematiche, seguita dal dialogo guidato dalla
giornalista Leila Belhadj Mohamed
, con esperti e rappresentanti istituzionali, secondo il programma ufficiale. Il confronto finale ha riunito studiosi, istituzioni e giovani leader con background migratorio.
Selly Kane della CGIL
ha richiamato il tema della "segregazione" occupazionale, che si riflette anche nella vita sociale, e ha sottolineato i tempi lunghi per il rilascio dei permessi di soggiorno come ostacolo serio all’inclusione.
Stefania Congia, Direttrice per le politiche migratorie del Ministero del Lavoro
, ha valorizzato l’esperienza del Coordinamento nazionale delle nuove generazioni italiane: “La rete del CoNNGI ha un senso di condivisione e di comunità molto più alta della media.” Ha lanciato un appello a un lavoro culturale condiviso, capace di difendere i presupposti minimi della coesione sociale: “Il CoNNGI ha la forza dell'autenticità, è un’esperienza prepolitica che propugna valori di rispetto delle diversità.” Ha invitato a preservare questo patrimonio, a rafforzare le reti di conoscenza e ha ricordato che “la vera forza sono i vostri pensieri e la voglia di stare insieme”. Il
professor Morozzo della Rocca
ha richiamato il tema dell’invecchiamento dell’Europa: non solo demografico, ma dei ruoli e delle mentalità. Ha sottolineato: “Questa sensibilità del CoNNGI e dei giovani con background migratorio non è scontata, e comporta una responsabilità.” Ha auspicato una narrazione del “noi” non etnica, perché “la vera comunità non ha niente a che fare con l’etnicità: abbiamo bisogno del NOI”. Ha rilanciato lo slogan condiviso: “Non uno di meno, e anche qualcuno di più”, collegandolo al ruolo delle istituzioni nel promuovere e proteggere la cittadinanza come dono fondante di una società coesa, capace di mutuo soccorso. Ha proposto infine di costruire vere e proprie “case della cittadinanza”, luoghi fisici e simbolici di partecipazione.
Daniele Panzeri (OIM Italia)
ha invitato a non semplificare: bisogna “far esplodere tutta la complessità del fenomeno migratorio”, che ha molte cause, effetti, forme e attori coinvolti. La domanda cruciale è allora: “Che cosa vogliamo essere?”. Ha insistito sulla necessità di valorizzare l’agency delle persone con background migratorio: “riconoscere che hanno proposte da portare” e garantire spazi neutrali dove tutti gli attori possano confrontarsi.
Con la chiusura dei lavori, gli Stati Generali dell’Immigrazione 2025 hanno tracciato un percorso di lavoro comune: una governance dell’immigrazione fondata su diritti, pragmatismo, responsabilità collettiva e un’idea rinnovata di cittadinanza come pratica condivisa. Le raccomandazioni finali saranno raccolte e indirizzate alle istituzioni nazionali ed europee, affinché questo percorso continui oltre i due giorni di confronto.
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