
“La rivisitazione, a opera del d.l. n. 20 del 2023, dell’istituto della protezione complementare non ha determinato il venir meno della tutela della vita privata e familiare dello straniero che si trova in Italia, tanto più che il tessuto normativo continua a richiedere il rispetto degli obblighi costituzionali e convenzionali. Ne deriva che la protezione complementare può essere accordata in presenza di un radicamento del cittadino straniero sul territorio nazionale sufficientemente forte da far ritenere che un suo allontanamento, che non sia imposto da prevalenti ragioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico, determini una violazione del suo diritto alla vita familiare o alla vita privata. Nessun rilievo ostativo assume il fatto che il radicamento sia avvenuto nel tempo necessario ad esaminare le domande del cittadino straniero di accesso alle protezioni maggiori. La tutela della vita privata e familiare esige una valutazione di proporzionalità e di bilanciamento nel caso concreto, secondo i criteri elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 24413 del 9 settembre 2021, tenendo conto dei legami familiari sviluppati in Italia, della durata della presenza della persona sul territorio nazionale, delle relazioni sociali intessute, del grado di integrazione lavorativa realizzato e del legame con la comunità anche sotto il profilo del necessario rispetto delle sue regole”.
È questo il principio stabilito la prima sezione civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 29593 depositata il 10 novembre scorso.
La questione era stata sollevata, in via pregiudiziale, dal Tribunale di Venezia chiamato a decidere sul ricorso contro la decisione della Commissione territoriale che aveva stabilito la manifesta infondatezza dell’istanza di protezione internazionale. Il quesito posto, in particolare, verteva sulla possibilità di continuare ad accordate tutela alla vita privata e familiare dello straniero anche dopo l’entrata in vigore del Dl n. 20 del 2023 (convertito nella legge n. 50 del 2023) e della conseguente abrogazione dell’art. 19, comma 1.1., terzo e quarto periodo, del TU immigrazione (Dlgs n. 286/1998).
La protezione complementare, chiarisce la Corte, ha una configurazione autonoma rispetto alle due forme di protezione maggiore (lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria), il cui perimetro è affidato “ad una clausola di carattere elastico, priva di fattispecie”. Per la Suprema corte, nel tessuto dell’art. 19 del TU, dopo le modifiche del 2023, pur essendo stato espunto il riferimento esplicito al “rispetto della vita privata e familiare dello straniero”, è ancora presente quello agli “obblighi costituzionali e internazionali dello Stato quale limite ad ogni forma di allontanamento della persona straniera, attraverso il richiamo espresso all’art. 5, comma 6, dello stesso T.U.”. E tra questi ultimi va certamente ricompresa la tutela della vita privata e familiare, espressamente considerata dall’art. 8 della Cedu.
In definitiva, sostengono i giudici, spetta all’interprete “ripercorrere i sentieri tracciati dalla giurisprudenza” e rinvenire, nei criteri elaborati dalla giurisprudenza sovranazionale, le “orme da seguire per riempire di contenuto la formula elastica che egli deve applicare”, così valorizzando “i legami familiari, la durata della presenza della persona sul territorio nazionale, le relazioni sociali intessute, il grado di integrazione lavorativa realizzato”. Ogni valutazione, precisa la Corte, andrà tuttavia svolta con “rigore”, perché la condizione di vulnerabilità deve essere “effettiva” sebbene, con riguardo alla integrazione sociale, non si richieda “un percorso interamente compiuto” ma “segni univoci, chiari, precisi e concordanti, nella direzione intrapresa”. Per quanto concerne la vita familiare deve emergere un “comunione” “sufficientemente forte da far ritenere che un allontanamento determini una violazione del diritto alla vita familiare o alla vita privata. Sempre tenendo però in conto primario le esigenze dello Stato ed in particolare il mantenimento dell’ordine e dalla sicurezza pubblica.