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09 luglio 2025

Ricerca e salvataggio in mare, non fondate le questioni di legittimità sollevate


Per la Consulta le norme sanzionatorie vanno in ogni caso applicate compatibilmente con legge del mare per la quale è primario l’obbligo di salvataggio della vita umana

Con la sentenza numero 101, depositata l’8 luglio scorso, la Corte costituzionale ha esaminato le questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Brindisi con riferimento alla disciplina del fermo amministrativo della nave, prevista dall’articolo 1, comma 2-sexies, del decreto-legge 21 ottobre 2020, numero 130.

La Corte, riconosce in primo luogo il carattere punitivo e penale dei fermi amministrativi,  a “vocazione marcatamente dissuasiva” , dichiarando non fondate le questioni di legittimità proposte.  La condotta sanzionata è descritta – affermano i giudici - in modo puntuale ed è la legge a tracciare una chiara linea di confine tra lecito e illecito, evitando l’arbitrio del giudice e garantendo la conoscibilità del precetto.
La normativa nazionale, tuttavia – continua la Corte -   si inserisce nell’àmbito delle regole di cooperazione dettate dalla Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo e l’inosservanza delle richieste di informazione e delle indicazioni delle autorità  non può essere sanzionata in quanto tale ma in quanto abbia ad oggetto un provvedimento legittimo dal punto di vista formale e sostanziale.

In secondo luogo, la Corte costituzionale ha dichiarato l’infondatezza, nei sensi indicati in motivazione, delle questioni sollevate in riferimento agli articoli 10 e 117 della Costituzione, per la violazione degli obblighi internazionali. 

L’interpretazione sistematica della disciplina «conferma in modo inequivocabile non solo la possibilità, ma anche l’ineludibile necessità di intenderla in armonia con i princìpi costituzionali richiamati dal rimettente» e con gli obblighi di soccorso e con il divieto di respingimento. In particolare, «la normativa nazionale è legata indissolubilmente alla Convenzione SAR, che, a sua volta, si inserisce a pieno titolo in un complesso di regole improntate all’obiettivo della salvaguardia della vita in mare» e ispirate a una vicendevole fiducia tra gli Stati, «che solo elementi desumibili da fonti ufficiali, attuali, basate su dati oggettivi e riconosciute dalla Repubblica italiana, possono scalfire». 
Prioritaria, dunque, è l’indicazione di un porto sicuro, «che salvaguarda il rispetto della vita, dei bisogni essenziali, della libertà, dei diritti assoluti (il divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti)».  In base a queste considerazioni, «non è vincolante, pertanto, un ordine che conduca a violare il primario obbligo di salvataggio della vita umana e che sia idoneo a metterla a repentaglio e non ne può essere sanzionata l’inosservanza». 

La Corte costituzionale, inoltre, ha respinto i dubbi di legittimità costituzionale sull’obbligatoria applicazione del fermo della nave. Tale misura punitiva non è né irragionevole né sproporzionata, in quanto sanziona «quelle trasgressioni che pregiudichino la stessa finalità di salvaguardia della vita umana in mare, insita nella Convenzione SAR, e si rivelino idonee a compromettere, in carenza di motivi legittimi, il sistema di cooperazione che tale Convenzione ha istituito». 

La Corte costituzionale, infine, ha restituito gli atti al rimettente, per consentirgli di valutare l’incidenza dello ius superveniens (decreto-legge 11 ottobre 2024, numero 145, come convertito) sulle questioni concernenti la fissità, originariamente prevista, della durata del fermo.

Sentenza n. 101 dell'8 luglio 2025