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07 marzo 2025

Cassazione, caso "Diciotti", i profughi dovranno essere risarciti per la privazione della libertà


Le Sezioni Unite, annullano la sentenza di Appello e rinviano al giudice di merito la quantificazione dei danni non patrimoniali subiti

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno accolto, con un’ordinanza depositata il 6 marzo scorso,   il ricorso presentato da un gruppo di migranti a cui, nell’agosto  del 2018, fu impedito di sbarcare dalla nave “U Diciotti” della Guardia Costiera che li aveva soccorsi in mare. Nell'istanza si chiedeva la condanna del Governo italiano a risarcire i danni non patrimoniali determinati nei profughi dalla privazione per dieci giorni della libertà personale.
Le Sezioni Unite Civili hanno cassato la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1804 del 13 marzo 2024,la quale, «pur ritenendo sussistere la giurisdizione ordinaria per essersi trattato non di un atto politico, ma di un atto amministrativo, pienamente sindacabile, aveva tuttavia respinto nel merito la domanda degli appellanti in difetto della colpa della pubblica amministrazione (non allegata dai ricorrenti e comunque da escludere «alla luce delle concrete modalità con cui si è realizzato il fatto, nonché della complessità e della non univocità della normativa di riferimento»).
Nell’accogliere il ricorso, la Cassazione ha enunciato  i seguenti principi di diritto:

Rifiuto dell’autorizzazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare in zona SAR - Atto politico sottratto al controllo giurisdizionale Esclusione
Va certamente escluso che il rifiuto dell'autorizzazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare protratto per dieci giorni possa considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale – affermano i magistrati –. Non lo è perché non rappresenta un atto libero nel fine, come tale riconducibile a scelte supreme dettate da criteri politici concernenti la costituzione, la salvaguardia o il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione".
"Non si è di fronte, cioè, ad un atto che attiene alla direzione suprema generale dello Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fondamentali. Si è in presenza, piuttosto, di un atto che esprime una funzione amministrativa da svolgere, sia pure in attuazione di un indirizzo politico, al fine di contemperare gli interessi in gioco e che proprio per questo si innesta su una regolamentazione che a vari livelli, internazionale e nazionale, ne segna i confini. Le motivazioni politiche alla base della condotta non ne snaturano la qualificazione, non rendono, cioè, politico un atto che è, e resta, ontologicamente amministrativo".

Obbligo di soccorso in mare
L’obbligo del soccorso in mare corrisponde a un'antica regola di carattere, rappresenta il fondamento delle principali convenzioni internazionali, oltre che del diritto marittimo italiano, e costituisce un preciso dovere". come tale esso deve considerarsi prevalente su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare.
Le Convenzioni internazionali in materia, cui l’Italia ha aderito – precisano i giudici - costituiscono, dunque, un limite alla potestà legislativa dello Stato e, in base agli artt. 10, 11 e 117 della Costituzione, non possono costituire oggetto di deroga sulla base di scelte e valutazioni discrezionali dell’autorità politica, poiché assumono, in base al principio “pacta sunt servanda”, un rango gerarchico superiore rispetto alla disciplina interna;
Tale obbligo trova una più dettagliata enunciazione, con riguardo alla specifica attività di soccorso in mare, nella Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (c.d. Convenzione SOLAS, acronimo di Safety Of Life At Sea, del 1974 …), nella Convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare (c.d. Convenzione SAR, acronimo per Search And Rescue, anche nota come Convenzione di Amburgo, ratificata dall’Italia con legge 3 aprile 1989, n. 147 …) , nonché nella Convenzione delle Nazioni Unite di Montego Bay sul Diritto del Mare del 1982 (c.d. Convenzione UNCLOS, acronimo per United Nations Convention on the Law of the Sea, ratificata dall’Italia con legge 2 dicembre 1994, n. 689)»

Contenuto - Luogo sicuro - Sbarco “nel più breve tempo ragionevolmente possibile” - “Discrezionalità tecnica” degli Stati - Limiti
«Lo Stato responsabile del soccorso deve organizzare lo sbarco «nel più breve tempo ragionevolmente possibile» (Convenzione SAR, capitolo 3.1.9), fornendo un luogo sicuro in cui terminare le operazioni di soccorso; per luogo sicuro si intende un luogo in cui sia garantita non solo la sicurezza intesa come protezione fisica delle persone soccorse in mare, ma anche il pieno esercizio dei loro diritti fondamentali, tra i quali, ad esempio, il diritto dei rifugiati di chiedere asilo … in capo agli Stati residua, infatti, un margine di “discrezionalità tecnica” solo ai fini dell’individuazione del punto di sbarco più opportuno, tenuto conto del numero dei migranti da assistere, del sesso, delle loro condizioni psicofisiche nonché in considerazione della necessità di garantire una struttura di accoglienza e cure mediche adeguate …

Trattenimento dei migranti a bordo - Violazione del diritto alla libertà personale - Limitazione ex art. 5, par. 1, lett. f), 5 Cedu - Configurabilità Esclusione
 E’  escluso che il trattenimento a bordo della nave costiera di migranti non ancora compiutamente identificati (e potenzialmente titolari del diritto di asilo ex art. 10, terzo comma, Cost.) possa essere inquadrato nell’ambito di procedimenti di espulsione o di estradizione e non può nemmeno ipotizzarsi che detto trattenimento possa trovare copertura sovranazionale quale misura (assimilabile all’arresto o alla detenzione regolare) finalizzata a impedire l’ingresso illegale nel territorio.

Responsabilità risarcitoria della p.a. - Violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione - Mera illegittimità del provvedimento amministrativo - Insufficienza - Errore scusabile - Rilevanza
«Perché un evento dannoso sia imputabile a responsabilità della p.a., tale imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo, richiedendo, invece, una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilità aquiliana. La sussistenza di tale elemento sarà riferita non al funzionario agente, ma alla p.a. come apparato, e sarà configurabile qualora latto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l’esercizio della funzione amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto limiti esterni alla discrezionalità amministrativa.

Non si può, in linea di principio – concludono i giudici - escludere la rilevanza dell’errore scusabile commesso dalla P.A. … Elemento essenziale per la sussistenza dell’errore scusabile è, quindi, l’inevitabilità dello stesso, determinata da cause oggettive, estranee all’agente, che finisce per escludere la colpevolezza, intesa quale forma di qualificazione dell’azione soggettiva nelle fattispecie di responsabilità. … L’accertamento dell’esistenza dell’errore scusabile, costituendo un accertamento fattuale, rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito ed è incensurabile in Cassazione, se adeguatamente motivato …»

Annullando la sentenza della Corte d’Appello di Roma, che aveva negato il risarcimento, il collegio ha rinviato al giudice di merito la quantificazione del danno di fatto.

Corte di Cassazione – Ordinanza n. 5992 del 6 marzo 2025