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Ce lo diciamo sempre: un pezzo di carta non può definire quel che sei, perché quel che senti in cuor tuo non è detto che lo riesca a sentire anche lo Stato. Ciononostante, quel pezzo di carta sul quale vedi scritto «cittadino italiano» (che sia la carta di identità o il passaporto) è una grande conquista. Colma un vuoto, ti assicura visibilità, rende il tuo futuro un po’ più certo e ti incarica, ufficialmente, di una rappresentatività nuova. È rendere pubblico quel che sei già, stavolta agli occhi dei tuoi nuovi e vecchi concittadini. Puoi dirti italiano esibendo il tuo passaporto rosso, puoi dirti italiano senza nascondere le tue origini, puoi dirti italiano quando ti dicono che non lo sei, perché ora ne hai le prove, è lo Stato italiano che certifica una singolarità divenuta normalità. Puoi dirti italiano e non solo.
Queste parole si riferiscono a un momento cruciale della vita dell’autore, SiMohamed Kaabour, quando nel 2009 ottiene finalmente la cittadinanza italiana. Nato a Casablanca, in Marocco, nel 1981, Kaabour racconta in prima persona il lungo percorso che lo ha portato a sentirsi e potersi dichiarare ufficialmente italiano. Sono italiano, lo giuro (People 2025) è un racconto autobiografico che intreccia esperienze personali e temi universali, affrontando con profondità e sensibilità il significato di appartenenza e cittadinanza.
Il percorso narrato da Kaabour stimola una riflessione su una questione centrale e di grande attualità: si nasce italiani o lo si diventa? In un contesto sociale in rapido cambiamento, questa domanda si colloca al centro del dibattito pubblico, richiamando ognuno al proprio ruolo civico. Kaabour cerca di rispondere raccontando il suo viaggio personale, le decisioni prese lungo il cammino e i sentimenti di appartenenza che emergono in ognuno di noi, indipendentemente dalle origini. La sua storia mostra come il concetto di italianità possa assumere significati diversi, ma altrettanto validi, per chi cresce e si forma in Italia pur avendo radici altrove.
La condizione delle nuove generazioni con background migratorio in Italia è al centro della narrazione: giovani nati o cresciuti qui, italiani di fatto ma spesso non di diritto. La legge sulla cittadinanza italiana, basata sul principio dello ius sanguinis, non riflette le trasformazioni sociali in atto, lasciando migliaia di ragazzi e ragazze in una sorta di limbo identitario. Negli anni, diversi tentativi di riforma hanno animato il dibattito politico senza mai approdare a una soluzione condivisa.
Kaabour sottolinea come la cittadinanza rappresenti, in questo contesto, un punto di arrivo fondamentale, ma non l’unico. Quel “pezzo di carta” di cui parla certifica una condizione che, per chi come lui ha vissuto tra due mondi, esisteva già da tempo. È una conquista che rende pubblica e ufficiale un’identità costruita nel tempo, spesso in modo faticoso, tra sfide quotidiane e sogni di appartenenza. Attraverso la sua esperienza personale, Kaabour ci ricorda che l’integrazione non è solo un atto giuridico, ma una conquista emotiva e culturale.
Nel libro viene sottolineato il ruolo fondamentale della scuola, che per Kaabour, che non a caso oggi fa l'insegnante, rappresenta molto più di un semplice luogo di apprendimento. La scuola diventa uno spazio decisivo per il processo di integrazione, un luogo dove si intrecciano identità culturali e si costruisce un senso di appartenenza. Tra i banchi, il giovane Simohamed affronta le sfide del sentirsi diverso, ma anche l’opportunità di stringere legami, apprendere una nuova lingua e acquisire strumenti per affermare la propria identità. La scuola si trasforma così in un laboratorio di cittadinanza attiva e inclusiva, dove le nuove generazioni possono trovare riconoscimento e valorizzazione. In un contesto in cui il sistema educativo può fare la differenza tra esclusione e inclusione, Kaabour sottolinea quanto l’esperienza scolastica sia cruciale per i giovani con background migratorio.
Con uno stile narrativo coinvolgente e diretto, Sono italiano, lo giuro è una testimonianza preziosa. L’autore, che vive a Genova da quando ha dieci anni, si è laureato in Interculturalità e cittadinanza sociale, insegna Lingua e cultura araba e Educazione civica nelle scuole superiori ed è consigliere comunale. È stato co-coordinatore del gruppo di lavoro “Cittadinanza e nuove generazioni” dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura del MIUR, contribuendo alla stesura delle linee guida Orientamenti interculturali. Nel 2008 ha fondato la prima organizzazione ligure di giovani di origine straniera, Nuovi Profili, e nel 2016 è stato tra i fondatori e primo presidente del CoNNGI - Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane.
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La pagina dedicata al libro.