HomeEsplora tagRifugiatiCorte di giustizia Ue: "Tutte le donne afghane hanno diritto di asilo"



07 ottobre 2024

Corte di giustizia Ue: "Tutte le donne afghane hanno diritto di asilo"


La Corte riconosce che in Afghanistan le misure adottate ai danni delle donne sono veri e propri atti di persecuzione

Tutte le donne afgane hanno diritto  di asilo negli Stati membri senza necessità di accertamenti o controlli. La situazione in Afghanistan, dopo il ritorno al potere del regime talebano nel 2021, ha  implicazioni talmente gravi sui diritti delle donne che non c’è bisogno di provare altro. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue in una sentenza del 4 ottobre scorso, esaminando il caso di  due giovani afghane, immigrate in Austria nel 2015 e nel 2020, quindi prima della conquista del Paese da parte dei talebani. L’asilo fu loro rifiutato, ma dall’agosto 2021 le cose sono radicalmente cambiate in Afganistan e il tribunale austriaco ha chiesto alla Corte Ue, da una parte se le misure discriminatorie messe in atto dai talebani sono da considerarsi atti di persecuzione tali da giustificare il riconoscimento dello status di rifugiate, e dall’altra parte se nella valutazione devono entrare altri elementi, oltre alla nazionalità e al sesso della richiedente.
La Corte di Giustizia ha riconosciuto che tutte le donne in Afghanistan sono perseguitate e annientate per il solo fatto di appartenere al genere femminile e conseguentemente, nel valutare la concessione dello status di rifugiato  è sufficiente che la richiedente sia afghana.
La Corte  esclude quindi la necessità per gli Stati membri di considerare altri elementi, dal momento che, in Afghanistan, le misure discriminatorie nei confronti delle donne sono sufficientemente gravi da confermare il rischio di “subire persecuzioni” con il ritorno nel paese di origine.

La base legale per la concessione dello status di rifugiato nell’Ue è la direttiva 2011/95/Ue (che fa riferimento alla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati). Si parla di ‘rifugiato‘ intendendo un cittadino di paesi terzi che rischi di essere perseguitato per qualsiasi elemento discriminante, compresa l'”appartenenza a un determinato gruppo sociale“, come nel caso delle donne afghane. In aggiunta alle prove fondate per dimostrare i rischi del ritorno al paese di origine, la direttiva aggiunge che aver ricevuto già persecuzioni o danni gravi costituisce un motivo valido per considerare valido il timore del ritorno al paese di origine.
In Afghanistan  le misure discriminatorie imposte vanno dalla privazione di qualsiasi protezione giuridica contro le violenze di genere e domestiche, ma anche contro il matrimonio forzato, il divieto di far sentire pubblicamente la propria voce, la limitazione dell’accesso all’istruzione, al lavoro e alla politica, l’impossibilità di accedere all’assistenza sanitaria e l’assenza di libertà di circolazione e non in ultimo, l’obbligo di coprirsi completamente corpo e volto.

Questi elementi sono indicatori di un contesto sociale in cui la figura della donna e i suoi diritti sono annullati. La sentenza della Cgue non lascia dubbi: le misure ai danni delle donne in Afghanistan sono vere e proprie violazioni di diritti fondamentali. “Tali misure, considerate nel loro insieme, colpiscono le donne in un modo tale che raggiungono il livello di gravità richiesto per costituire atti di persecuzione”, dice la Corte, e complessivamente “portano a negare, in modo flagrante e con accanimento, alle donne afghane, per il solo loro sesso, i diritti fondamentali connessi alla dignità umana“.