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25 settembre 2023

"Io Capitano", il viaggio dei migranti attraverso i loro occhi


Un film di grande impatto che racconta l'odissea di Seydou e Moussa, sedicenni senegalesi, per raggiungere l'Europa

Seydou e Moussa, cugini sedicenni di Dakar, Senegal, hanno un sogno: partire alla volta dell'Europa per diventare cantanti, ma soprattutto per poter aiutare le loro famiglie, molto povere, con quello che avrebbero potuto guadagnare. Così per mesi e mesi mettono da parte tutti i soldi che riescono a racimolare tramando di partire senza dir nulla a nessuno, anche perché la madre di Seydou non sarebbe mai stata d'accordo: troppo pericoloso il viaggio attraverso il deserto del Sahara, meglio restare in Senegal e aiutare la famiglia come si può. Ma nonostante gli avvertimenti di un uomo che aveva affrontato quel viaggio per poi tornare, i due una mattina fanno gli zaini e si incamminano, ripercorrendo le orme di "chi ce l'ha fatta" prima di loro, senza sapere realmente cosa avrebbero dovuto affrontare per raggiungere le coste italiane. Ha inizio così la loro odissea, un viaggio alla mercé di persone che chiedono soldi in cambio della possibilità di proseguire la rotta, attraverso Mali, Niger e Libia, pena la prigione o la morte per stenti.  

È questa la storia di Io Capitano di Matteo Garrone, interpretato da Seydou Sarr e Moustapha Fall. Una storia ispirata alle migliaia di odissee quotidiane intraprese dai migranti, e in particolare a quella dell'ivoriano Kouassi Pli Adama Mamadou, oggi attivista del Centro sociale ex Canapificio e del Movimento migranti e rifugiati di Caserta. Il film, recitato il wolof, lingua parlata in Senegal, francese e inglese, è una produzione Italia - Belgio e per la prima volta porta sul grande schermo i viaggi dei migranti dall'Africa all'Europa attraverso i loro occhi, permettendo così al grande pubblico di rivivere emozioni, paure e sofferenze provate ogni giorno da persone che lasciano il proprio paese alla ricerca di un futuro migliore. Non solo persone in fuga da guerre e persecuzioni, ma anche ragazzi come Seydou e Moussa, "minori stranieri non accompagnati", che sperano di trovare un lavoro in Europa per garantire alle loro famiglie quello di cui hanno bisogno per vivere. Uomini, donne, giovani e bambini che vanno incontro ai pericoli del deserto; ai furti di banditi, trafficanti e miliziani; ai campi di detenzione libici e alle torture se non hai i soldi per "comprarti" la libertà; al lavoro forzato, anch'esso viatico per la libertà; e infine all'attraversamento del Mediterraneo per giorni su barche fatiscenti in balia delle onde, senza cibo e con spesso alla guida gli stessi migranti che accettando questa enorme responsabilità - la vita di centiania di persone, comprese donne con bambini o incinte - hanno lo sconto necessario che permette loro di imbarcarsi. 



La regia di Garrone, valsa il Leone d'argento alla alla Mostra del Cinema di Venezia 2023, documenta attimo per attimo il viaggio di Seydou e Moussa, senza tralasciare nulla, con una particolare attenzione ai contraccolpi psicologici che i fatti provocano inevitabilmente nei protagonisti, e con l'innesto di alcuni momenti onirici che ci raccontano di speranza, nostalgia e paura. Molto intensa l'interpretazione dei protagonsiti, soprattutto quella di Seydou Sarr, che ottiene infatti a Venezia il Premio Marcello Mastroianni dedicato ai giovani attori emergenti.

Io Capitano
è il film che l'Italia ha designato per la corsa all'Oscar come miglior film internazionale. Per la shortlist bisognerà attendere il 21 dicembre mentre le nomination verranno annunciate il 23 gennaio 2024. "Siamo molto orgogliosi di poter rappresentare l'Italia agli Academy Awards con Io Capitano e ci auguriamo che il viaggio di Seydou possa toccare il cuore anche del pubblico americano". Queste le dichiarazioni del regista appresa la notizia della designazione, che non nascondono la volontà del film di sensibilizzare gli spettatori a proposito del fenomeno migratorio, uno dei temi maggiormente attuali della nostra contempoaneità, e che rischia spesso di essere ridotto a una narrazione semplificatoria schiacciata su numeri e dati spogliata del lato umano, quello più importante.

 

 

         



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