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24 settembre 2019

NoCap, Presentata la prima filiera etica in Italia contro il caporalato


Megamark, NO CAP e Rete Perlaterra lanciano i prodotti biologici ‘Iamme’, a breve nella rete dei supermercati del Mezzogiorno del gruppo pugliese

 I primi cento ragazzi sono pronti a cominciare a lavorare. Potranno utilizzare attrezzature che rispettino tutti i canoni di sicurezza, avere un contratto regolare secondo le disposizioni provinciali, con orari di lavoro definiti e pause previste per legge, oltre a un alloggio in strutture che abbiano tutti gli standard di idoneità e al servizio di trasporto abitazione-lavoro, sostitutivo dei "furgoni-killer". Si tratta della prima filiera etica in Italia contro il caporalato. Il progetto è frutto della collaborazione tra l'associazione internazionale NoCap, il gruppo Megamark di Trani, che gestisce 500 supermercati, e una trentina di produttori nel settore agricolo. La sperimentazione, che coinvolgerà, per ora, tre aree, la Capitanata in Puglia, in provincia di Foggia, dove si raccolgono pomodori che diventano passate e pelati, il Metapontino in Basilicata, dove si raccolgono prodotti freschi, e il Ragusano in Sicilia, in cui vengono coltivati alcuni tipi di pomodori, permetterà alle vittime di caporalato che vivono nei ghetti per braccianti, di essere regolarizzati, avere un'occupazione e ottenere anche il permesso di soggiorno per motivi lavorativi.

Una delle grandi novità del progetto, spiega Yvan Sagnet, fondatore di NoCap, è quella di aver portato la lotta al caporalato, allo sfruttamento dei braccianti, ma anche dei produttori, nella grande distribuzione che solitamente "strozza" i contadini imponendo prezzi di acquisto troppo bassi per portare avanti il proprio lavoro nel rispetto delle leggi. È così che è stato creato il marchio "Iamme", certificato dall'associazione, che a breve comparirà in alcuni supermercati del Mezzogiorno, come A&O, Dok, Famila, Iperfamila e Sole365, con cinque tipologie di conserve di pomodoro biologico, frutta e verdura fresche.

I ragazzi sono stati scelti all'interno delle decine di ghetti sparsi per il Paese, in particolar modo al Sud, tenendo in considerazione diversi elementi: "Abbiamo scelto persone che vivono nelle baracche, per portarli via dalle grinfie del caporalato – continua il fondatore dell'associazione – Tra loro, abbiamo privilegiato coloro che hanno il permesso di soggiorno in scadenza che, con il nuovo decreto Sicurezza, rischiavano di non vedere rinnovato. In questo modo, potranno ottenere un contratto regolare e trasformare il proprio permesso umanitario in un permesso per motivi di lavoro". Per esempio nel foggiano sono stati selezionati una quarantina di braccianti per la raccolta dei pomodori. Di questi una decina proviene dal ghetto di Borgo Mezzanone, altrettanti dal ghetto di Cerignola mentre alcuni provengono da Casa Sankara di San Severo.

Per iniziare, sono cento i giovani selezionati, provenienti da Ghana, Senegal, Mali, Burkina Faso, Gambia e Costa d'Avorio, ai quali è stato procurato un contratto di lavoro. Vedranno rispettati tutti i loro diritti in tema di salari, orari di lavoro, visite mediche obbligatorie, formazione e utilizzo di indumenti e strumenti idonei all'attività che andranno a svolgere. 

"È una prima goccia che cade in quell’atroce oceano chiamato caporalato" – ha ricordato il cavaliere del lavoro Giovanni Pomarico, a capo del Gruppo Megamark –, "tuttavia noi ci siamo e speriamo che altri attori del nostro comparto possano avviare filiere analoghe a IAMME. Sono progetti in cui vincono tutti, dai ragazzi che hanno un lavoro dignitoso alle imprese che producono nella legalità, dai supermercati che propongono prodotti etici e di qualità ai loro clienti che possono scegliere un consumo più consapevole”. 

 

 

 

 

 

         



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