Ogni anno, nella stagione estiva – con picchi tra luglio e settembre – sono presenti nella Capitanata circa 7.000 braccianti migranti, stanziali e stagionali, che offrono manodopera a basso costo in primis per la raccolta del pomodoro, la cui produzione in questi territori rappresenta oltre un terzo del totale nazionale.
L'estate del 2019 è stata nella Capitanata un'ennesima cattiva stagione. Lo è stata di certo per i braccianti, ancora una volta impiegati in condizioni di grave sfruttamento e costretti a vivere in insediamenti pericolosi, isolati e insalubri. Pessima perché il caporalato continua a rappresentare – nonostante la nuova legge anti-caporalato del 2016 – la modalità diffusa e manifesta di organizzazione del lavoro, in assenza di sufficienti controlli e di meccanismi efficaci di incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro.
Nell'ambito del progetto Terragiusta, la clinica mobile di Medu ha operato, da giugno a settembre 2019, negli insediamenti informali del territorio della Capitanata, in provincia di Foggia. Nei tre mesi di intervento in Puglia, il team di Medu, composto da medici, operatori socio-legali e mediatori culturali, ha prestato assistenza sanitaria e legale a 225 persone, realizzando 292 visite mediche e 153 colloqui di orientamento legale. Le attività si sono svolte in collaborazione con le associazioni Idorenin e A Buon Diritto e in rete con le diverse organizzazioni e servizi locali.
Le persone assistite erano perlopiù giovani uomini (93%), con un'età media di 31 anni, appartenenti a 24 diverse nazionalità principalmente dell'Africa Sub-Sahariana e del Nord Africa, dell'Europa dell'Est e del Centro e del Sud-est Asiatico di cui le principali sono Mali, Ghana, Gambia, Nigeria, Costa d'Avorio. Nonostante la regolarità del soggiorno della maggior parte dei braccianti, solo il 44% delle persone occupate ha dichiarato di essere in possesso di un contratto di lavoro e la maggior parte di esse o non riceveva la busta paga o si vedeva riconosciute meno di un terzo delle giornate di lavoro effettivamente svolte. La maggior parte dei lavoratori viene pagato 30-35 euro per una giornata lavorativa di 8-9 ore. Il 61% delle persone incontrate era regolarmente soggiornante; in particolare, il 34% era in possesso di un permesso di soggiorno per motivi umanitari o per casi speciali, il 20% era richiedente asilo e il 5% titolare di protezione internazionale.
Le problematiche di salute riscontrate nella popolazione degli insediamenti – principalmente malattie osteomuscolari e del tessuto connettivo, malattie dell'apparato digerente e malattie infettive – sono correlate nella quasi totalità dei casi alle pessime condizioni lavorative e igienico-sanitarie in cui i pazienti visitati si trovano a vivere. Tra le persone in possesso di un regolare permesso di soggiorno, una su due non era iscritta al Sistema Sanitario Nazionale.
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