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Mediazione interculturale - Unione Europea e quadro comparato
Mediazione interculturale - Unione Europea e quadro comparato
La mediazione interculturale gioca un ruolo centrale nel processo di integrazione degli stranieri nella società di accoglienza e rappresenta una precondizione dell’effettivo godimento dei diritti fondamentali. L’attenzione a tale strumento è stata evidenziata in più occasioni anche dalle istituzioni dell’Unione europea.
A tal riguardo si segnala il parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema “L'immigrazione nell'UE e le politiche di integrazione: la collaborazione tra le amministrazioni regionali e locali e le organizzazioni della società civile” (
2006/C 318/24
), ove si afferma che “l'insegnamento deve tenere conto della diversità interna delle società europee” e che “occorre disporre di mediatori interculturali e rafforzare le risorse di personale docente, onde superare le difficoltà linguistiche e culturali” (§ 6.9). Si afferma inoltre la necessità di “promuovere l'accesso degli immigrati alla salute e all'assistenza sanitaria”, anche avvalendosi “della collaborazione dei servizi di mediazione interculturale” (§ 6.11).
Anche il Comitato delle regioni, nel suo parere sulla “Situazione delle donne migranti nell'Unione europea” (
2007/C 305/10
), prende atto della considerevole esperienza maturata dagli enti regionali e locali nelle politiche di accoglienza, di mediazione interculturale, di accesso al mercato del lavoro e di welfare rivolte alle donne immigrate. Il Comitato sottolinea la necessità di rafforzare le attività di informazione e di sensibilizzazione sanitaria rivolte alle persone di origine straniera (in particolare alle donne) valorizzando, tra i vari aspetti, strumenti quali la mediazione linguistica e culturale e il dialogo da attuare, oltre che con i singoli e con i gruppi, anche con le associazioni.
Più in generale, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno evidenziato come “i cittadini europei e tutti coloro che vivono nell’Unione europea in modo temporaneo o permanente dovrebbero avere l’opportunità di partecipare al dialogo interculturale e realizzarsi pienamente in una società diversa, pluralista, solidale e dinamica, non soltanto in Europa, ma in tutto il mondo” (
Decisione n. 1983/2006/CE
del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa all’Anno europeo del dialogo interculturale, 2008).
Esperienze sulla mediazione interculturale nell'Unione Europea - Indagine conoscitiva a cura della Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione
La Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione ha avviato nel giugno del 2013 una indagine al fine di approfondire le esperienze in materia di mediazione interculturale nell’Unione Europea.
L’indagine è stata condotta attraverso il coinvolgimento dei rappresentanti dei National Contact Point of Integration (NCPI) dei Paesi membri dell’Unione Europea. Finora l’indagine ha preso in considerazione 11 Paesi Membri: Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia.
Di seguito si offre una sintesi conoscitiva, in chiave comparativa, dei risultati emersi dall’indagine.
La normativa in materia di mediazione interculturale
Il primo aspetto che emerge dall’indagine è che, in nessuno degli 11 Paesi membri analizzati, è in vigore una normativa nazionale specifica in materia di mediazione interculturale (grafico 1). Tuttavia, in Belgio e nella Repubblica Ceca, specifiche disposizioni legislative concernenti la figura del mediatore interculturale sono presenti nelle normative in materia di immigrazione (grafico 2).
Emerge inoltre che l’assenza di una legislazione in materia di mediazione interculturale potrebbe essere connessa alla diversa ripartizione di competenze tra gli organi centrali e periferici. In alcuni Stati europei, infatti, la competenza in materia è in capo ai livelli sub-statali di governo, come in Germania, ove è affidata ai Länder.
grafici 1 e 2 - Mediazione interculturale e normative
In linea con quanto esposto, la quasi totalità degli Stati che hanno partecipato all’indagine si caratterizza per l’assenza di una definizione normativa relativa al contenuto della mediazione interculturale, tra di essi, infatti, solo il Portogallo ha evidenziato, con Legge del 31 agosto 2001, che il “mediatore socio-culturale” è qualificato quale soggetto la cui funzione è “favorire l’integrazione delle minoranze etniche e dei migranti, rafforzando il dialogo interculturale e la coesione sociale”.
grafico 3 - Mediazione interculturale e definizione legale
L’albo dei mediatori interculturali
Non risulta essere presente, negli Stati membri analizzati, un albo di mediatori interculturali. Emerge però che, in Grecia, l'istituzione di un albo di mediatori in fase di programmazione, con progetti a valere sul Fondo Europeo Integrazione Cittadini Paesi Terzi. Si segnala inoltre che un albo di mediatori interculturali è presente in Slovacchia a livello locale.
Il riconoscimento della qualifica professionale
L’assenza di una normativa in materia di mediazione interculturale si riflette, nella maggior parte degli Stati oggetto di indagine, nel mancato riconoscimento di una qualifica professionale di mediatore interculturale e nell’assenza di una normativa sui relativi percorsi di formazione.
Come evidenziato dal grafico 4, infatti, solo due degli 11 Stati membri analizzati - la Francia e il Regno Unito - prevedono nel loro ordinamento sistemi di riconoscimento professionale della qualifica di mediatore interculturale.
Riconoscimento qualifica mediatore interculturale
Per quanto concerne l’ordinamento del Regno Unito, è opportuno sottolineare che la mediazione interculturale è intesa quale estensione della mediazione civile, piuttosto che come materia professionale distinta. La mediazione civile è, già da molto tempo, un istituto giuridico largamente utilizzato nel Regno Unito per la risoluzione pacifica di controversie tra soggetti privati. A tale strumento si fa diffusamente ricorso, ad esempio, nell’ambito del diritto di famiglia e del diritto del lavoro.
Con riferimento alla Francia si segnala che, nell’ottobre del 2001, il Comitato interministeriale delle città ha adottato la Carta di riferimento della mediazione sociale, che enuncia i principi deontologici generali del mediatore.
grafico 4 - Riconoscimento professionale della qualifica di mediazione intercultirale
L’attivazione di corsi di studio specifici sulla mediazione interculturale
Solo in tre Stati membri sono attivi corsi di studio specifici sulla mediazione interculturale: Francia, Regno Unito e Finlandia. A questi si aggiunge il Governo Federale del Belgio, che evidenzia la competenza degli Stati federati in materia.
Sulla base dei dati raccolti, dunque, nella maggior parte degli Stati esiste una correlazione tra il riconoscimento della qualifica professionale e l’attivazione di corsi di studio dedicato. Infatti, sia in Francia sia nel Regno Unito, dove è previsto il riconoscimento della qualifica professionale, sono stati attivati corsi di studio specifici in materia di mediazione interculturale.
Mediazione inteculturale: corso di studi
Il Regno Unito offre diverse possibilità di studio in materia di mediazione interculturale, che si articolano in vari livelli di approfondimento attraverso l’istituzione di diplomi specialistici, corsi di laurea e corsi post-laurea. Molte università inglesi offrono, infatti, corsi di laurea specifici in mediazione e risoluzione dei conflitti, nonché moduli dedicati inseriti perlopiù nei programmi di Master in Comunicazione Interculturale.
In considerazione dell’evoluzione della mediazione interculturale quale articolazione della mediazione civile, il numero di corsi specifici è in crescita. Tra questi, si sottolineano i corsi offerti dall’Open College Network, che offre sia programmi specifici di certificazione delle competenze, sia specializzazioni per persone in possesso di titoli accademici.
grafico 5 - Corso di studi specifico in mediazione intercultirale
In Francia diplomi specifici sono stati istituiti presso molte università, anche se non risultano capillarmente diffusi sul territorio. La mediazione interculturale è, inoltre, materia facoltativa inclusa in corsi più generali nell’area dell’assistenza sociale.
Da ultimo occorre sottolineare che in Finlandia, nonostante l’assenza della definizione normativa della qualifica professionale del mediatore interculturale, le università hanno strutturato Master specifici sulla materia. Tra questi si segnalano, in particolare, il Master's Degree Programme in Intercultural Encounters, attivato dall’università di Helsinki, e il Master's Degree Programme in Intercultural Communication attivato dall’università di Jyvaskyla. Entrambi i corsi prevedono una fase di lezione frontale e una fase di tirocinio.
Gli ambiti di intervento della mediazione interculturale
Come evidenziato nel grafico 6, gli ambiti di intervento più rilevanti dell’azione di mediazione interculturale implementata negli 11 Stati membri analizzati sono la salute e l'educazione, seguiti dal lavoro, dai servizi sociali, dall’accoglienza e dalla casa.
grafico 6 - Mediazione intercultirale . ambiti di intervento
Tra le diverse esperienze si segnalano quelle di Belgio, Repubblica Ceca e Portogallo. In Belgio le competenze relative alle aree di intervento dipendono da livelli diversi di governo. Come già accennato, infatti, mentre alcuni settori dipendono da un livello federale (es. la sanità), altri dipendono dagli stati federati (es. l’educazione).
In particolare, in Belgio è previsto uno specifico servizio di mediazione interculturale presso i presidi ospedalieri, gestiti dal Servizio Sanitario Pubblico. Con Decreto Reale del 25 Aprile 2002, i presidi ospedalieri di pronto soccorso e gli ospedali psichiatrici possono, su base volontaria, avvalersi di mediatori interculturali.
Condizione essenziale per l’esercizio della professione di mediatore interculturale è la conoscenza di più di una delle lingue nazionali e di almeno una delle lingue dei beneficiari.
Sempre in Belgio, nella Regione Vallone, con Decreto del 4 luglio del 1996 relativo all’integrazione delle persone straniere o di origine straniera, sono stati introdotti specifici riferimenti alla mediazione interculturale.
Nella Comunità francofona del Belgio, con sede a Bruxelles e competente per la popolazione francofona della Vallonia e della Regione di Bruxelles-Capitale è previsto, con Decreto del 30 giugno del 1998, un servizio di mediazione nelle scuole, anche se non esclusivamente concernente la mediazione interculturale.
Infine, degno di nota è l’accordo del 2001 stipulato tra lo Stato Federale e la Commissione comunitaria comune della Regione di Bruxelles-Capitale, che garantisce il supporto finanziario per l’impiego di mediatori interculturali presso i Centri di Welfare sociali pubblici al fine di facilitare il percorso di inserimento socio-professionale.
Il Belgio, inoltre, fa largamente ricorso all’impiego di mediatori interculturali nei settori di competenza statale come l’integrazione sociale e la lotta alla povertà. Nell’ambito del progetto pilota finanziato dal Fondo Sociale Europeo sul temi dell’inclusione sociale dei Rom, avviato nel 2012 e tuttora in corso, l’impiego di mediatori è stato fortemente raccomandato al fine di facilitare il rapporto tra la comunità Rom e le autorità locali.
In Repubblica Ceca l’impiego di mediatori interculturali è ampiamente diffuso presso il Ministero dell’Interno, cui i migranti si rivolgono per il disbrigo di pratiche relative al rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno.
Infine, in Portogallo, l’ACIDI (Alto Comissariado para a Imigraçao e Diálogo Intercultural, I.P.) gestisce il progetto MISP (Intercultural mediation in public services). Tale progetto, giunto alla seconda fase, conta attualmente sulla collaborazione di 40 mediatori divisi in team e prevalentemente strutturati presso i Comuni di Amadora, Cascais, Loures e Setubal.
Alla luce di questa esperienza, avviata nel giugno 2009, si va definendo sul territorio nazionale portoghese un profilo condiviso di mediatore interculturale in possesso di competenze specifiche in materia.
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