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È nata l'Unione Italia Apolidi, "Non più invisibili"
10 novembre 2022
È nata l'Unione Italia Apolidi, "Non più invisibili"
Vuole "colmare il vuoto normativo, di rappresentanza, di conoscenza e di diritti". Il sostegno di UNHCR e Intersos
È nata l'
UNIA, l’Unione Italiana Apolidi
, la prima organizzazione in Italia di apolidi per gli apolidi, che mira a migliorare le condizioni di vita di migliaia di persone che vivono in Italia senza la cittadinanza di nessuno stato.
L’associazione vuole "colmare un vuoto: normativo, di rappresentanza, di conoscenza e soprattutto di diritti", come spiega il presidente Armando Augello Cupi. Le linee di azione, presentate ieri nel corso di una conferenza stampa a Roma, sono:
-Promuovere
informazioni
chiare ad affidabili per informare sia le persone apolidi dei propri diritti sia gli uffici pubblici interessati
-Riformare le
procedure
di determinazione dell’apolidia in modo da renderle maggiormente accessibili ed efficienti, in linea con gli standard internazionali
-Facilitare in maniera efficace l’
ottenimento della cittadinanza italiana
per le persone apolidi attraverso, per esempio, la riduzione dei tempi della procedura e l’esenzione dal test di lingua, uniti a un’applicazione flessibile del requisito relativo al reddito.
Secondo una nota diffusa dall'Agenzia Onu per i Rifugiati
UNHCR
e da
Intersos
, che hanno sostenuto la nascita di ANIA tramite il progetto PartecipAzione, si stima che siano circa
tre mila le persone apolidi
, ovvero senza la cittadinanza di nessuno Stato, che vivono in Italia. Il numero esatto è difficile da definire proprio a causa dell’
invisibilità
che vivono rispetto alle istituzioni. La causa principale di apolidia in Italia ed in Europa è legata al fatto che molte persone non hanno acquisito una cittadinanza in seguito alla dissoluzione dell’ex Unione Sovietica e dell’ex Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia, una situazione che ha posto le basi per la successiva trasmissione dell’apolidia di generazione in generazione.
L’assenza di un’identità legale significa spesso che le persone apolidi hanno un
accesso limitato a diritti fondamentali,
come l’istruzione, cure mediche adeguate, misure di protezione sociale o un regolare impiego. Gli apolidi privi di documenti incontrano difficoltà a compiere anche attività più semplici, che molto spesso si danno per scontato, come aprire un conto in banca, ottenere la patente o prendere in affitto un’abitazione.
L’
Italia è all’avanguardia
nella tutela delle persone apolidi, sottolineano UNHCR e Intersos, avendo ratificato entrambe le convenzioni internazionali sull’apolidia. È inoltre uno dei pochi paesi al mondo ad aver predisposto una procedura per la determinazione dello status di apolide, tuttavia rimangono molteplici sfide per garantire l’effettivo godimento dei diritti delle persone che vivono questa condizione.
“La volontà dei fondatori di UNIA di attingere alla loro esperienza personale come risorsa per migliorare la situazione delle persone apolidi in Italia è per noi una fonte di ispirazione. Facciamo loro un sincero augurio di buon lavoro” ha dichiarato
Chiara Cardoletti
, Rappresentate UNHCR per l’Italia, la Santa Sede e San Marino. “Il nostro impegno per porre fine all’apolidia proseguirà nelle convinzione che solo continuando a lavorare in
sinergia con le istituzioni e la società civile
potremo finalmente rimuovere gli ostacoli che le persone apolidi incontrano nel godere dei loro diritti fondamentali”.
“Intersos, attraverso PartecipAzione, ha sostenuto con convinzione la nascita di UNIA. L’associazione segna un importante avanzamento sul fronte della tutela dei diritti umani in Italia. Da oggi gli apolidi non sono più invisibili. Le loro istanze avranno finalmente una
rappresentanza formale di fronte alle istituzioni”
, ha commentato il direttore regionale per l’Europa di Intersos
Cesare Fermi
.
L’apolidia non è un fenomeno limitato al nostro Paese. Nel mondo vivono almeno 4,3 milioni di persone prive di cittadinanza; tuttavia, si stima che il numero effettivo di persone apolidi sia molto più alto, date le lacune nella raccolta dei dati. Nel 2014 UNHCR ha lanciato la
campagna #IBelong per l’eliminazione dell’apolidia
, di cui ricorre in questi giorni l’ottavo anniversario.
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